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Nella Pillola Assicurativa #6 abbiamo affrontato l’argomento del massimale, definendolo come la somma massima chela compagnia di assicurazione liquiderà, nel caso in cui si dovesse verificare l’evento per il quale è stato stipulato il contratto stesso.

In alcune polizze e soprattutto in alcune polizze convenzione o collettive è facile incontrare un altro tipo di massimale, il massimale aggregato.


La somma massima per la quale la compagnia di assicurazioni è chiamata a rispondere per il complesso dei sinistri verificatisi in ciascuna annualità assicurativa, non a copertura del singolo assicurato bensì di una mutualità di soggetti.

Questa formula di limite d’indennizzo, così tecnicamente esposta, potrebbe non destare alcun sospetto e sembrare in alcuni casi, tradotta in “Soldoni”, anche piuttosto conveniente, se non fosse che… proviamo a spiegarla con un esempio pratico.

Un Ente Pubblico offre al proprio personale una polizza in convenzione per colpa grave che ha un massimale aggregato di €. 50.000.000,00. Durante l’annualità assicurativa, in vigenza di contratto, vi sono state molteplici denunce di sinistro che abbiano, ipoteticamente, esaurito il massimale di cui sopra. L’ennesimo sinistro denunciato avrà un aderente/assicurato che si vedrà rifiutare la liquidazione perché il massimale è esaurito e pertanto si troverà sprovvisto di copertura assicurativa (pur avendo regolarmente pagato il premio assicurativo).

È più chiaro adesso!

La clausola di Salvaguardia o S.I.R. (Self Insurance Retention) è definita come l’importo che l’assicurato tiene a proprio carico per ciascun sinistro. Simile alla definizione di franchigia, differisce da quest’ultima poiché da intendersi anche in termini di gestione, istruzione e liquidazione del sinistro ove lo stesso rientri integralmente al di sotto di detta soglia prescelta.

In termini più semplici la franchigia è la soglia minima scelta dalla compagnia al di sotto della quale la copertura non emetterà alcun effetto, mentre la S.I.R. è la gestione di tutti quegli eventi che vanno a ricadere all’interno di quell’intervallo.

La gestione dei sinistri in S.I.R. si rivolge a tutti, in particolare quelli che ne fanno più uso sono tutte quelle realtà pubbliche e private che si trovano, per dimensioni e per territorialità, a gestire un numero di eventi sinistrosi molto alto (per esempio G.D.O., Enti Pubblici, eccetera).

La gestione diretta dei sinistri consente all’assicurato un maggiore controllo dei propri rischi e una maggiore analisi degli stessi, che permetterà di elaborarne il contenimento attraverso un corretto e appropriato piano di gestione.

Proprio per questo molti assicurati preferiscono attivare la S.I.R., mantenendo in proprio quella parte di rischio che risulterebbe antieconomico traferire alla compagnia di assicurazione. L’assicurato, a seconda delle proprie dimensioni, della propria territorialità e, soprattutto, in funzione del proprio piano di contenimento e gestione dei rischi potrà o meno affidare a società esterne specializzate nella gestione dei sinistri in Self Insurance Retention.

A volte ritornano…

Obiettivo Risarcimento WEB 30sec

Era il 2014 quando insieme ad altri colleghi, si girava nelle corsie dei reparti ospedalieri per cercare di rimediare più contatti possibili di professionisti del settore sanitario, con lo scopo di poter promuovere successivamente Piani Individuali Pensionistici (Fondi Pensione). A quei tempi lavoravo per una compagnia generalista e le responsabilità civili, soprattutto nell’area medico-sanitaria, erano un vero e proprio tabù, perché etichettati come “rischi non graditi” alla compagnia. Seppur la materia fosse interessantissima ed era diventato un mio hobby tenermi aggiornato, frequentare corsi e leggere libri del settore, non avrei, comunque, potuto proporre quel tipo di prodotto assicurativo perché sottoposto al veto della mia mandante.

La cosa che mi stupiva giorno dopo giorno, nell’entrare negli ospedali e nel percorrere le fredde corsie bianco-verdi pregne di ansia e sofferenza, era vedere che oltre a noi intermediari del settore assicurativo e ai rappresentanti farmaceutici o di prodotti medicali, era costante la presenza di avvocati e di procacciatori di affari di società di tutoring.

Questi ultimi, soprattutto, erano protagonisti di pietosi teatrini, nel quale l’avido imbonitore cercava di convincere in tutti i modi i pazienti, o i loro familiari, che qualora avessero subito un torto anche minimo dal nosocomio o dai medici dello stesso, avrebbero potuto sporgere denuncia, attraverso di loro e a titolo completamente “gratuito”, per danni da medical malpractice. Erano veri e propri avvoltoi che volavano sopra al deserto in attesa di povere vittime da imbonire e assalire, con l’unico obiettivo di distruggere, a torto o ragione, l’immagine e il lavoro della Medicina e dei propri operatori. Il tutto a discapito dei cittadini italiani perché, e in questo caso la statistica viene a darci una mano, proprio nei 5 anni dal 2012 al 2017, il 97% delle cause insorte tra pazienti e medici per medmal sono state archiviate dai Tribunali Italiani con un nulla di fatto, intasando le aule di giustizia, rallentando il lavoro degli impiegati pubblici, dei Giudici, dei Magistrati, dei Cancellieri, con un enorme spreco economico che avremmo preferito destinare a opere diverse.

A fronte di tali bassezze deontologico-professionali, non pochi sono stati gli scontri tra gli ordini e le associazioni di categoria sfociati, addirittura, in vere e proprie campagne in difesa della categoria sanitaria. In particolare ricordo con molta simpatia, un sarcastico spot, dal quale, peraltro, mi sono ispirato per il titolo di questo articolo, nel quale degli avvoltoi sono pronti ad assalire le proprie prede, i medici, garanti della salute di ogni cittadino.

Spot A.M.A.M.I. – Associazione Medici Accusati di Medicalmalpractice Ingiustamente

L’associazione che si era occupata di girare e produrre questo video era l’A.M.A.M.I. – Associazione Medici Accusati di Medicalmalpractice Ingiustamente e questa stessa associazione fu proprio creata, oltre che per mire solidaristiche tra medici, anche a seguito di un’altra grossa campagna pubblicitaria del 2009 di una ormai famosa società di tutoring, dove si evidenziava e sollecitava lo spettatore alla possibilità di intentare o sollevare azioni di rivalsa, anche temerarie, contro il Servizio Sanitario Nazionale.

Spot del 2009

Bene… considerato che siamo in tema del #10yearschallenge che spopola su social network, mettendo a confronto due fotografie, una attuale e una di dieci anni fa, possiamo dire di essere fortunati a poter fare altrettanto con questi video di odio contro la categoria sanitaria. Infatti, dopo ben 10 anni, la stessa società di tutoring, ci riprova, e anche in grande stile. Il nuovo spot passa sulla rete pubblica nazionale, nell’orario di punta, con un messaggio più che diretto allo spettatore e con un testimonial di eccezione: Enrica Bonaccorti. Facendosi gioco della risposta della A.M.A.M.I. di cinque anni prima, ignorando completamente qualsiasi regola di deontologia professionale, in un momento di forte cambiamento della giurisprudenza al riguardo, considerato che siamo a quasi due anni da un cambio normativo molto forte sulla responsabilità medica e sulla sicurezza delle cure, questa stessa società entra con feroce prepotenza nelle case degli Italiani a promuovere, come merendine e biscotti, il loro servizio di gestione dei danni alla persona finalizzata all’ottenimento di un risarcimento nei casi di ipotetica malasanità.

Spot del 2019
#10yearschallenge

In un clima già pesante nei confronti dei medici, degli infermieri e degli operatori socio-sanitari, dove i mass-media ne fanno protagonisti per eccellenza di cronaca nera, ove un nuovo impianto normativo appena insediato fa molta fatica a partire, ove gli stessi operatori di giustizia fanno fatica a interpretare e applicare la Legge, ove le Compagnie assicurative nazionali fuggono dal rischio consentendo alle straniere di fare cartello, si innesta un ulteriore incitamento all’odio nei confronti degli operatori sanitari del Servizio Sanitario Nazionale e per giunta proprio sul circuito televisivo pubblico (un controsenso senza precedenti). Tutto questo non farà altro che favorire la migrazione degli operatori dal pubblico al privato, portando inevitabilmente ulteriore diffidenza su tutte le categorie operanti, e gli effetti di tutto questo non potranno che ricadere su tutti gli utenti, ossia su tutti noi.

Non posso che condividere l’ennesima reazione del mondo associativo, delle organizzazioni sindacali e della Federazione Nazionale degli ordini dei medici (FNOMCEO) che hanno immediatamente richiesto la sospensione in via “cautelativa” dello spot in questione alla televisione pubblica. La valutazione della reclame pubblicitaria sarà sottoposta all’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche se la stessa FNOMCEO ha annunciato una lettera al Consiglio Nazionale Forense in relazione alle pressioni da parte di avvocati per intentare cause di risarcimento che, come prima accennavo, per oltre il 90% finiscono in un nulla di fatto.

Ultimamente, anche Consulcesi ha promosso una petizione online, sul sito Change.org per la creazione del Tribunale della Salute, un vero e proprio luogo di confronto e non di contrapposizione tra medici e pazienti. In 48 ore l’iniziativa ha raggiunto più di 10.000 adesioni, una bella risposta allo spot di incitamento all’odio.

Personalmente, la mia opinione, converge a favore della categoria sanitaria. Non mi sono mai piaciuti né gli avvoltoi né le persone che si approfittano della sofferenza altrui. Coloro che lavorano nella sanità e nel sociale, ogni giorno sopportano un enorme peso psico-fisico per portare avanti la loro professione. Alcuni di loro dedicano a tal punto se stessi al bene degli altri, superando spesso le barriere del benessere proprio. Basti pensare allo scalpore che ha suscitato il post di chirurgo di un ospedale toscano che ha festeggiato il proprio capodanno in sala operatoria, accumulando ben oltre 600 ore di lavoro notturno in un anno a discapito della propria famiglia. Quanti pazienti dovranno ringraziare quel medico?

Credo fermamente nella giustizia e so perfettamente che su ogni albero possono crescere mele marce, che vanno assolutamente estirpate prima che rechino danni ad altri, ma credo anche che invece di creare pubblicità televisive che possono aumentare l’astio, l’odio e la sfiducia nella sanità, si potrebbero investire soldi per fare qualcosa di molto più concreto per portare a galla tutte le falle del sistema, a partire dagli impiegati improduttivi o perennemente  malati, ai giochi di potere e quei sanitari che hanno tradito il proprio giuramento, la loro missione, in favore di un “credo” molto più “prezioso” e “appagante”.

Molti professionisti, in particolare nel settore medico-sanitario, si sono scontrati più di una volta, soprattutto nel passato, con polizze che in parte o per tutte le garanzie avrebbero coperto l’assicurato in secondo rischio. Cosa vuol dire?

La clausola di Secondo rischio copre il rischio assicurato nella parte eccedente il massimale di una prima polizza, oppure si potrebbe avere a disposizione una copertura che viene prestata in presenza di condizioni contrattuali diverse da quelle previste per il primo rischio.

In parole più semplici, la clausola rende la polizza effettiva a partire dal massimale previsto dalla prima assicurazione, fino al massimale di secondo rischio.

Affinché possa essere operativa, una clausola di secondo rischio deve essere formulata in maniera specifica. Caratteristica principale ed essenziale è che il rischio assicurato sia già stato oggetto di assicurazione da una prima polizza vigente al momento della stipula della seconda. Entrambe non possono e non devono assolutamente riguardare rischi differenti tra loro.

Essendo una clausola che ha fatto molto discutere sulla propria operatività e liceità, questa è stata ovviamente oggetto di varie dispute nei vari tribunali italiani, concluse con la sentenza 4936/15 della III Sez. Cass. Civ. che ha inteso chiarire definitivamente la natura della clausola in questione.

La responsabilità medica parlamento italiano

Cosa è successo nel comparto corporate, per enti sanitari pubblici e privati, dopo l’uscita della Legge Gelli-Bianco, nell’ambito assicurativo?

Durante l’anno 2017 il numero di strutture sanitarie pubbliche assicurate con polizze a copertura della responsabilità civile sanitaria è diminuito: le recenti statistiche Ivass, pubblicate dall’ente, rivelano che più del 50% delle strutture, assicurate nel 2010, al 2017 risultavano scoperte; non solo, i premi raccolti nell’ultimo anno sono in calo del 2,4% rispetto al 2016.

Questi dati delineano come l’entrata della Legge Gelli abbia avuto un effetto contrario rispetto a quello che, molto probabilmente, si era prefigurato il legislatore. La norma di fatto non rende obbligatoria completamente la stipula di una polizza di Responsabilità Civile anzi lascia aperto (normandolo) il canale delle analoghe misure. Così, in assenza di organi di controllo o regimi sanzionatori, la facoltà di assicurarsi con apposito contratto resta nel limbo (questo discorso, ovviamente, vale solo per le strutture, pubbliche o private che siano).

Si spera che i regolamenti attuativi, in fase di realizzazione, possano aiutare a invertire questo trend ma quello che appare è che, soprattutto nel pubblico, stia prendendo piede la cosiddetta auto-ritenzione, ovvero sviluppare delle vere e proprie gestioni del rischio per ogni singola Regione o A.S.L. con un sostanziale ricarico della spesa risarcitoria a carico del bilancio sanitario del singolo ente (ndr: ma la Legge non serviva proprio a decomprimere la pressione delle voci di spesa dei bilanci?). Una funzione, quella dell’auto-ritenzione, cui le Regioni stesse non sarebbero adeguatamente preparate nemmeno attraverso regolamenti disciplinati dalla normativa vigente, finendo per porre a carico di tutti gli eventuali risarcimenti dovuti a errori di pochi.

Una prima analisi di questa situazione è stata fatta dalla S.I.M.L.A. (Società Italiana Medicina Legale e delle Assicurazioni), nell’ambito di un convegno sul ruolo dei consulenti legali ai sensi dell’art. 696 bis C.P.C. introdotto dalla Legge Gelli.

Uno degli obbiettivi della norma era di alleggerire la conflittualità legata agli esiti dei trattamenti operatori e curativi in ospedale per il tramite sia dell’introduzione dell’assicurazione sia della mediazione: partendo da questo assoluto, durante il convegno i vari relatori, hanno affrontato il problema di come nel 2017, periodo in cui la spesa sanitaria è stata pari all’8,9% del PIL, i dati Ivass e di altri vari osservatori, facenti capo a compagnie di assicurazione, intermediari, associazioni di categoria, ecc., abbiano confermato una ritirata delle compagnie di assicurazione dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche, nell’ambito della medical malpractice.

L’effetto di trend: il mercato assicurativo sulla medmal è concentrato in un pugno di compagnie, per giunta straniere; pochi premi, molte controversie. Tutto questo impatta sia sulla sostenibilità economica della spesa sanitaria sia sull’effettiva tutela del diritto alla salute sancito dall’art. 32 del Costituzione Italiana.

Tutto ciò porta a un enorme sbilanciamento tra il liquidato per il risarcimento del danno da parte delle strutture pubbliche e quelle private. Tale dato avvalora ancor di più la scelta dell’auto-ritenzione in ambito pubblico, in considerazione anche dell’allontanamento delle compagnie di assicurazione: gli Enti pubblici (Regioni, ASL, Nosocomi) costituiscono dei fondi di riserva, specificatamente destinati a risarcire i pazienti che hanno subito dei danni a seguito di errori sanitari, alimentati da accantonamenti annuali.

Alla stregua di quanto descritto sopra, auspichiamo che il Governo dia un giro di vite all’emanazione dei decreti attuativi, al fine di fare il prima possibile chiarezza su quanto rimasto di dubbio su questa materia e tanti altri temi che a tutt’oggi impediscono alla norma di agire proprio a favore di quel diritto alla salute che, ormai da tempo, sembra essere stato abbandonato.

Epifania2019

Buon Epifania da parte di tutto lo staff di medmalinsurance.it!

I nostri articoli tornano puntuali con l’appuntamento di venerdì 11 gennaio 2019!

Strettamente collegato all’argomento trattato nella scorsa pillola, anche se non esiste molto materiale al riguardo, è la cosiddetta Deeming clause: una clausola che riconduce, convenzionalmente, il momento di presentazione della richiesta di risarcimento a quello di presentazione della comunicazione delle circostanze rilevanti in base alle quali sia ragionevolmente possibile prevedere che ne derivi una richiesta di risarcimento.

E’ un artificio giuridico nella contrattualistica assicurativa essenziale ed è molto utile per alcune situazioni. Può capitare, ad esempio, che l’Assicurato abbia stipulato coperture senza tacito rinnovo e quindi senza continuità assicurativa (oppure con una Retroattività limitata e non sufficiente), dunque, nel caso in cui, durante la vigenza della polizza, si venga a conoscenza di circostanze o fatti (ovviamente, non dichiarati in fase di acquisizione del rischio) e la richiesta risarcitoria vera e propria pervenga dopo lo spirare della polizza.

Va considerato, comunque, in ogni caso che se la polizza è a tacito rinnovo all’Assicurato certamente non converrà cambiare assicuratore. Questo poiché potrebbe rischiare o l’esclusione delle future richieste risarcitorie nascenti da circostanze già note oppure, nel caso in cui avesse stipulato un contratto senza tacito rinnovo, l’inclusione della Deeming clause obbligherebbe l’Assicurato a comunicare eventuali fatti o circostanze di cui è venuto a conoscenza durante il periodo di assicurazione, disponendo che qualsiasi richiesta risarcitoria collegata a tali fatti o circostanze sia considerata dagli Assicuratori come effettuato durante il predetto periodo di vigenza.

Questa clausola è utilissima, ci piace ribadirlo, nelle polizze di Responsabilità Civile professionale, affinché l’Assicurato abbia un’adeguata copertura e possa vedersi tutelato anche successivamente alla scadenza del contratto.

Natale2018

Buon Natale da parte di tutto lo staff di medmalinsurance.it!

I nostri articoli tornano puntuali con l’appuntamento di venerdì 28 dicembre 2018!  

Nel compilare un questionario di assunzione di un rischio professionale, il proponente “inciamperà” sempre e comunque su una domanda che lo lascerà sicuramente stordito e confuso:

“Esistono circostanze o fatti noti al proponente che potrebbero far scaturire richieste di risarcimento del danno da parte di terzi alla data di compilazione del presente questionario?”

In sostanza le compagnie stanno chiedendo se, il potenziale cliente è, al momento della compilazione del documento di assunzione del rischio, a conoscenza di qualsiasi tipo di situazione che, un domani, in corso di validità del contratto stipulato, possa dare origine a una eventuale richiesta di risarcimento danni da parte di terzi.

Esistono circostanze o fatti noti al proponente che potrebbero far scaturire richieste di risarcimento del danno da parte di terzi alla data di compilazione del presente questionario?

Non si parla di vere e proprie richieste espletate in forma giudiziale o stragiudiziale, si definiscono invece fatti e circostanze quelle situazioni per le quali la condotta dell’assicurato possano in futuro prossimo far presagire l’eventualità di un qualsiasi tipo di ricorso. È buona norma per il proponente perdere un po’ di tempo in più a compilare un questionario ma avere un rapporto chiaro con il proprio consulente e con la propria compagnia, piuttosto che ricevere brutte sorprese in caso di sinistro.

La compagnia, in caso di presenza di circostanze o fatti noti, può comunque assicurare il proponente alle condizioni standard del modello di polizza prescelto oppure può applicare franchigie o scoperti su quei determinati casi dichiarati o addirittura escluderli dal contratto.

La clausola “Continuous cover”, in inglese “copertura continua”, viene introdotta per la prima volta proprio dai sottoscrittori Lloyd’s nel settore delle RC Professionali dalle polizze “All Risks”.

L’importanza di questa clausola e la necessità della sua presenza in polizza derivano dal fatto che, alla stipula del contratto, l’assicurato è tenuto a dichiarare, oltre ai sinistri veri e propri, tutti i fatti o circostanze di cui sia a conoscenza, oggettivamente e ragionevolmente suscettibili di generare una richiesta di risarcimento futura da parte di terzi e al fatto che quest’obbligo dichiarativo ha rilevanza anche ai sensi degli artt. 1892, 1893, 1894 c.c.

La clausola “Continuous cover” ha quindi la finalità di garantire, in assenza di tacito rinnovo, che siano in copertura anche quei sinistri che potranno sorgere in caso di validità della polizza e che siano riconducibili a circostanze già note dall’assicurato. Ovviamente l’operatività della clausola non è assoluta ma è subordinata al verificarsi di condizioni ben precise e proprio queste condizioni, diverse da polizza a polizza, sono da valutare attentamente per non rischiare che la clausola si riveli più “dannosa” che “utile”.

Opportuno deve essere segnalare sempre e comunque fatti che corrispondano al vero nelle circostanze descritte.