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Nel contesto della responsabilità civile professionale diviene quindi rilevante, ai fini dell’attivazione della polizza, non più il sinistro-danno ma il sinistro-denuncia. In parole povere, l’assicurazione coprirà tutti quei fatti avvenuti sicuramente nel periodo di validità del contratto ma anche denunciati nello stesso periodo.

A cosa, sostanzialmente, è servito questo cambiamento di regime di sottoscrizione da loss occurrence a claims made?

Per poter analizzare l’andamento dei prodotti stessi, affinché le pratiche di sinistro denunciate seppur non liquidate e ancora in gestione fossero note agli attuari. Ciò non solo permette alle compagnie di stabilire e stabilizzare il tiro sulla redditività di ogni singola categoria di rischio ma anche di tenere sotto controllo gli indici delle riserve tecniche sia dei sinistri liquidati che di quelli in riserva.

Tale conclusione crea un enorme paradosso circostanziale, fonte ancora di cronaca giudiziaria in ambito civile. In particolare, spostandosi la lente di ingrandimento delle compagnie dal sinistro-evento al sinistro-denuncia, ne viene fuori che la Claims made è illimitatamente retroattiva per definizione. Indirettamente si deve sottostare a una condizione, in parte derogabile: mantenere il più possibile la stessa compagnia.

Il sinistro – denuncia è un fatto “nuovo” che si colloca nel periodo di assicurazione, anche perché la sussistenza di precedenti sinistri o fatti noti sarebbe stata fonte di dichiarazione del proponente/assicurato in fase di acquisizione del rischio attraverso questionario assuntivo, che di norma è parte integrante del contratto e che la compagnia acquisitrice avrebbe escluso dalla copertura.

Perché prima abbiamo detto che è condizione in parte derogabile mantenere la compagnia di assicurazione nel corso del tempo?

Perché sempre in assenza di sinistri, in caso di cambio di compagnia, è buona norma accertarsi che il nuovo contratto consenta l’inclusione della clausola di retroattività per un tempo congruo l’attività del professionista.

Tutte le polizze di Responsabilità Civile professionale hanno, nessuna esclusa, la clausola Claims made.

Al fine di spiegare al meglio il significato di questa clausola o, se meglio vogliamo dire, regime di sottoscrizione, dobbiamo partire proprio dal Codice Civile. Questo, infatti, all’art. 1917, nel definire il sinistro, cita un fatto accaduto “durante il tempo dell’assicurazione”, da questo inciso ne deriva che l’anno (poiché normalmente si parla di polizze annuali) in cui è in vigore l’assicurazione diviene il rischio economico da coprire per le compagnie, indipendentemente da dove pervenga la comunicazione di danno, sempre che, non siano scaduti i tempi di prescrizione.

Questa impostazione, chiamata anche loss occurrence (all’insorgenza del danno) non permetteva agli assicuratori di fare i conti, considerati, peraltro, i lunghi tempi di prescrizione delle richieste di risarcimento del danno nell’ambito del nostro ordinamento giuridico. Come poteva, di fatti, una compagnia stabilire, dopo solo un anno dall’uscita di un prodotto, l’indice di redditività dello stesso?

L’idea di attuare un cambiamento a questo regime è stata determinante.

Il nome di quel cambiamento è Claims made.

Quali sono gli errori nei quali può incorrere il professionista nello svolgimento della propria attività e che possono generare una richiesta di risarcimento danni per responsabilità professionale?

  • Negligenza: quando vengono trascurate per superficialità o disattenzione le regole e le modalità comuni nello svolgere un’attività.
  • Imprudenza: quando un’attività è svolta in modo avventato, impulsivo e poco prudente.
  • Imperizia: particolarmente importante per i professionisti perché significa svolgere il proprio operato senza avere la capacità tecnica specifica.

Quali sono i livelli di gravità della colpa in cui un professionista potrebbe incorrere, se provati ovviamente, in sede di giudizio:

  • Colpa Lievissima.
  • Colpa Lieve: quando non viene rispettata la normale diligenza richiesta a un professionista, che è comunque gravato da un onere di diligenza superiore rispetto a quella di un normale cittadino.
  • Colpa Grave: quando non vengono rispettate nemmeno le più elementari indicazioni di condotta, che chiunque rispetterebbe.

La normativa sull’esercizio delle professioni riconosce in modo deciso che il ruolo del professionista non può essere preso alla leggera, poiché deve rispondere all’aspettativa dei cittadini di trovarsi di fronte una persona molto competente nel proprio ambito.

Che cosa è la responsabilità professionale? Da dove nasce l’esigenza di assicurare la propria professione?

Tutto parte da una frase contenuta all’interno di un articolo del Codice Civile (Art. 2043) che cita, in termini molto comprensibili che “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Questa citazione ha fatto cadere sulla testa di tutti, indistintamente, il peso della responsabilità civile nei confronti dei terzi in caso di “fatto illecito”. Non si può, per ovvie ragioni, escludere da questo concetto la classe dei liberi professionisti, argomento odierno (dei dipendenti ne parleremo in un prossimo aggiornamento).

È sempre stato fondamentale, seppur facoltativo, per un libero professionista assicurarsi, al fine di tutelare il proprio patrimonio da errori o omissioni che potessero generare richieste di risarcimento danni cagionati a terzi nello svolgimento della propria attività libero professionale. Questa facoltà, però, diviene obbligo con il D. Lgs. 137/2012 divenuto successivamente legge che non lascia scampo a chi, prima di allora, non aveva contratto copertura. Ovviamente la norma va a colpire tutte le professioni regolamentate e subito dopo l’approvazione suscitò clamore in considerazione della delega agli ordini di appartenenza per i regimi sanzionatori.

Nel breve periodo, subito dopo l’entrata in vigore della legge, molte compagnie di assicurazioni hanno attuato le strategie più disperate al fine di tutelare le loro riserve tecniche da eventuali sinistri. Alcune hanno aumentato i tassi, altre sono fuggite dai settori più rischiosi, altre ancora hanno aumentato gli scoperti e le franchigie. La questione più eclatante, però, considerata la tipologia di polizze, è stato il mancato rinnovo dei contratti a scadenza o, addirittura, disdette unilaterali del contratto da parte delle direzioni di compagnia.

Una delle voci che è buona norma analizzare è quella che fa riferimento al massimale, agli scoperti e alle franchigie. Che cosa sono esattamente?

Il massimale rappresenta la somma massima che la compagnia di assicurazione liquiderà, nel caso in cui si dovesse verificare l’evento per il quale è stato stipulato il contratto stesso. Vedremo questa cifra espressa in tutti i contratti ad eccezione della polizza vita e vita intera.

Lo scoperto è un concetto simile a quella della franchigia, che vedremo subito dopo e stabilisce nel momento della stipula del contratto di assicurazione una percentuale del risarcimento del danno che resterà a carico dell’assicurato. Ha lo scopo di evitare alle compagnie il risarcimento dei danni minori e la funzione di sensibilizzare l’assicurato a una maggiore prudenza.

Al contrario dello scoperto la franchigia è quella parte di indennizzo che resta a carico dell’assicurato espressa in cifra fissa. La franchigia può essere di tipo assoluto quando al di sotto di essa il risarcimento sarà integralmente a carico dell’assicurato e al di sopra sarà pari alla differenza tra il risarcimento e la cifra fissa espressa sul frontespizio di polizza. La franchigia sarà, invece, relativa, quando al di sotto di essa il risarcimento sarà integralmente a carico dell’assicurato e al di sopra sarà integrale.

Le assicurazioni sulla vita sono divise in due categorie:

  • Protezione;
  • Capitalizzazione.

Nella prima categoria, più che di assicurazioni sulla vita stiamo parlando di una “pura” Temporanea Caso Morte, dove a seguito di un versamento di un piano prestabilito di premi annui, in caso di morte dell’assicurato entro la scadenza prestabilita, al beneficiario designato in polizza è liquidato un capitale. Tali polizze si risolvono alla morte dell’assicurato o comunque alla scadenza finale del contratto, senza possibilità di rinegoziare le stesse condizioni. In ogni caso i premi pagati restano acquisiti dalla compagnia.

Questa è l’unica polizza che si può definire “altruista” nell’attuale panorama dei servizi assicurativi offerti dal mercato.

Nella seconda categoria ci sono le polizze di capitalizzazione: strumenti di risparmio che garantiscono all’assicurato di effettuarsi un piano di accumulo in modo da consolidare il risparmio e poterne disporre alla scadenza prestabilita dalla polizza.

I vari tipi di polizze di capitalizzazione differiscono tra loro dalla natura della gestione d’investimento nei quali i premi confluiranno: se di tipo obbligazionario (prudente), azionario (rischiosa) o misto.

Parallelamente a tali prodotti assicurativi troviamo le più “insidiose”: Unit Linked e Index Linked, che investono in fondi comuni o in obbligazioni strutturate.

Le prime sono strettamente legate alla vita dell’assicurato a elevato contenuto finanziario e il loro valore è collegato a quello delle quote dei fondi in cui il capitale è investito.

Le Index Linked hanno un tempo predeterminato e, in generale, la quota di premio è investita in strumenti che replicano gli indici (solitamente azionari) cui la polizza è collegata.

Parliamo di assicurazioni e di come nascono.

In diritto, la definizione di assicurazione è: un determinato contratto avente come oggetto la garanzia contro il verificarsi di un evento futuro e incerto (Rischio) generalmente dannoso per la propria salute o patrimonio.

Seppur lontani dall’attuale concetto di assicurazione, già nella preistoria l’uomo avvertiva la necessità di provvedere alla propria sicurezza, accumulando riserve di cibo per affrontare l’inverno o momenti difficili.

Subito dopo l’introduzione della moneta, un concetto di assicurazione molto più vicino al nostro inizia a emergere: nell’antica Grecia esistevano le “Eranoi”, comunità che provvedevano alle spese funebri di famiglie bisognose, a Roma i “Collegia Tenuiorum” e per i soldati romani i “Collegia Militum”.

Nell’Alto Medioevo le prime forme di mutuo soccorso, paragonabili a vere e proprie polizze di assicurazioni, furono rappresentate dalle “Gilde”, che consentivano a gruppi di artigiani di tutelarsi dagli eventi infausti.

Nel corso del tempo, questo determinato contratto entrò a far parte del quotidiano attraverso le prime forme di assicurazioni obbligatorie, innanzitutto quella previdenziale (INPS) e quella sugli infortuni sul lavoro (INAIL) nonché la più blasonata R.C.A.

Attualmente le assicurazioni possono essere divise in due categorie:

  • L’assicurazione contro i danni
  • L’assicurazione sulla vita.

Vedremo in seguito le peculiarità.