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La clausola “Continuous cover”, in inglese “copertura continua”, viene introdotta per la prima volta proprio dai sottoscrittori Lloyd’s nel settore delle RC Professionali dalle polizze “All Risks”.

L’importanza di questa clausola e la necessità della sua presenza in polizza derivano dal fatto che, alla stipula del contratto, l’assicurato è tenuto a dichiarare, oltre ai sinistri veri e propri, tutti i fatti o circostanze di cui sia a conoscenza, oggettivamente e ragionevolmente suscettibili di generare una richiesta di risarcimento futura da parte di terzi e al fatto che quest’obbligo dichiarativo ha rilevanza anche ai sensi degli artt. 1892, 1893, 1894 c.c.

La clausola “Continuous cover” ha quindi la finalità di garantire, in assenza di tacito rinnovo, che siano in copertura anche quei sinistri che potranno sorgere in caso di validità della polizza e che siano riconducibili a circostanze già note dall’assicurato. Ovviamente l’operatività della clausola non è assoluta ma è subordinata al verificarsi di condizioni ben precise e proprio queste condizioni, diverse da polizza a polizza, sono da valutare attentamente per non rischiare che la clausola si riveli più “dannosa” che “utile”.

Opportuno deve essere segnalare sempre e comunque fatti che corrispondano al vero nelle circostanze descritte.

Health & Medmal insurance Summit 2018Il 9 ottobre 2018, nella splendida cornice dell’Hotel Principe di Savoia a Milano, si è svolto l’Health & Medmal Insurance Summit 2018, l’unico evento che fa incontrare Assicuratori, Intermediari Assicurativi Specializzati, Legali ed esperti con il patrocinio di Intermedia Channel, PLTV ed EMF Group.

La mattina alle ore 9.30 si è dato il via a una agenda lavori che ha visto protagonisti, nella prima metà della giornata, la Sanità integrativa e il Welfare aziendale con relatori di eccellenza provenienti dalle maggiori realtà assicurative a livello internazionale: RBM Salute, Uniqa e Italiana Assicurazioni del Gruppo Reale Mutua, Fab – Fondo Assistenza Benessere e Welion del gruppo Generali Italia.

Non potevano, inoltre, mancare sponsor di calibro nazionale quali ACB Broker, Assirete e tanti altri che hanno dato la possibilità anche quest’anno di riunire i maggiori esperti di Sanità Integrativa per parlare di peculiarità, criticità e novità di un innovativo modo di fare assicurazione attraverso l’antico concetto che “prevenire è meglio che curare”.

Ovviamente tra i tanti partecipanti al Summit anche noi dello Staff di Medmalinsurance.it non potevamo mancare, soprattutto all’incontro pomeridiano del MIS (acronimo di Medmal Insurance Summit) al cospetto di personalità eccelse della realtà della Responsabilità Civile medico-sanitaria quali: l’Avv. Paolo Alessandro Magnani, l’On. Dott. Federico Gelli, il Dott. Emanuele Patrini (Chief Risk and Anti Fraud Managemet Italy Branch presso AmTrust Europe Limited), il Prof. Umberto Genovese (Professore Associato Medicina Legale e del Lavoro presso Università degli Studi di Milano), il Dott. Leonardo Martinelli (Claims Director presso AM Trust Europe) e l’Avv. Maurizio Hazan (Managing Partner dello Studio Legale Associato Taurini & Hazan).

Patrocinato dalla compagnia AmTrust, da 10 anni operativa nel settore Medmal sia per i singoli esercenti la professione sanitaria sia per le strutture pubbliche e private, alle ore 14.30 è iniziata una tavola rotonda sul tema “Opportunità, criticità e prospettive a un anno dalla Legge 24/2017”

Il moderatore Avv. Paolo Alessandro Magnani dopo una breve introduzione sulla Legge Gelli – Bianco informa la platea della assenza al dibattito dello stesso On. Dott. Federico Gelli, padre putativo della stessa norma, il quale ha comunque inviato un video da mostrare ai presenti al Summit. Nel contributo, Gelli illustra i risultati ottenuti dalla Legge promossa in parlamento dall’entrata in vigore a oggi.

 

 

Subito dopo, lo stesso Magnani introduce l’argomento dell’accertamento tecnico preventivo e delle Linee Guida della Comunità Scientifica e buone pratiche clinico assistenziali, lasciando la parola al Prof. Umberto Genovese. Questi chiude il tema trattato asserendo che: far entrare le Linee Guida in un quadro normativo nazionale significherebbe affrontare comunque un processo lungo e difficile e che necessariamente si richiederebbe a monte una equipe di persone di grande onestà intellettuale, scevre da ogni interesse politico ed economico e ovviamente super partes. Sarà mai possibile, considerato che la norma non prevede alcun ulteriore esborso economico da parte dello Stato e di conseguenza dei contribuenti?

Altro argomento trattato è stata la clausola Claims Made e l’operatività della stessa nelle polizze di Responsabilità Civile Professionale. L’Avv. Maurizio Hazan è partito proprio dalla recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione S.S.U.U. del 24/09/2018 n. 22437, descrivendola elegante, puntuale e soprattutto la svolta giuridica nell’interpretazione della clausola oggetto del giudicante. Alla base della sentenza è la differenza sostanziale tra il sinistro come fatto generatore e il sinistro come richiesta di risarcimento danni che diviene non solo fonte di dibattito e del contendere tra le parti ma di assoluto interesse generale, per la valenza contrattuale di tutte le polizze emesse in regime Claims. Sebbene già la Legge 24/2017 specificasse che tutte le coperture assicurative avrebbero dovuto contenere tale clausola e che la definizione di sinistro in glossario di normativi di polizza dovesse essere definito come richiesta di risarcimento danno e non come fatto generatore, non tutte le parti la ritenevano equa nei confronti del cliente-consumatore, anzitutto limitatamente alla lunga durata della prescrizione dei reati in ambito penale e delle richieste danno in ambito civile. Diversamente potrebbe essere affrontato lo stesso discorso se contestualizzato a tutti quei contratti assicurativi stipulati prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sulla distribuzione assicurativa, introdotto con il regolamento IVASS 41/2018 meglio conosciuto come IDD. Di fatto tale regola rende automaticamente non adeguate alle reali esigenze del cliente-consumatore tutte le polizze stipulate, per esempio, senza un’adeguata retroattività (che nella Legge 24/2017 è espressa in un termine decennale) e senza un’adeguata postuma (che nella Legge 24/2017 è espressa sempre in un termine decennale). In virtù di questo ci domandiamo: i consumatori (medici, infermieri, OSS, strutture) sarebbero pronte ad adeguare le loro coperture sapendo che i premi delle stesse saranno, nella loro costruzione attuariale, direttamente proporzionali alle garanzie richieste?

Altro dibattito molto acceso al quale si è voluto dare la giusta attenzione e risalto è stato quello relativo ai sinistri e al loro andamento in questo brevissimo arco temporale. In un anno dall’entrata in vigore della Legge Gelli cosa è cambiato?  Leonardo Martinelli, Claims Director presso AM Trust Europe, afferma innanzitutto che un anno è un tempo troppo ridotto per trarre conclusioni, soprattutto in attesa, ancora, dei decreti attuativi, che avrebbero dovuto colmare tutti i vuoti lasciati dall’impianto normativo attualmente in vigore. Si nota, comunque, un minimo cenno di contenzioso e un aumento della mediazione assistita di nuova introduzione. Un problema della norma, sicuramente sanabile in corso di emanazione dei decreti attuativi, è la mancanza di un protocollo sinistri che possa istruire il richiedente a non agire direttamente con l’accertamento tecnico preventivo o con processi, comunque, giudiziari ma a servirsi di tutta quella parte di precontenzioso che, nella stragrande maggioranza dei casi, potrebbe snellire le lungaggini delle pratiche di risarcimento e di conseguenza degli eventuali indennizzi.

Nella seconda parte del dibattimento si sono affrontati con maggiore attenzione i seguenti argomenti:

  • La nuova figura del Risk Manager in sanità – affrontata dal Dott. Emanuele Patrini
  • Accertamento Tecnico Preventivo – materia indiscussa del Prof. Umberto Genovese
  • Evoluzione della polizza di responsabilità civile delle strutture pubbliche e private – a cura dell’Avv. Maurizio Hazan
  • I cambi di tariffa delle coperture per gli esercenti e per le strutture – degno di nota l’intervento del Dott. Leonardo Martinelli
  • La pubblicazione dei sinistri sul web: turismo sanitario? – a cura del Dott. Emanuele Patrini

Questi ultimi argomenti verranno trattati, doverosamente, nel prossimo articolo di questa rubrica.

Il contratto di assicurazione nasce come una scommessa in una fumosa locanda inglese di proprietà di un tale Mr. Lloyd.

Proprio qui si scommetteva sulle navi da carico (se queste sarebbero affondate o meno durante il viaggio) e, così, divenne più sicuro mettere in mare nuove navi. Difatti, in questo modo, veniva “assicurato” che in caso di affiancamento si sarebbe recuperato una parte del valore, attraverso la scommessa.

Questo aneddoto, che non sappiamo se corrisponda o meno a verità, ci aiuta ad introdurre il concetto del mercato anglosassone delle assicurazioni meglio conosciuto come il Mercato dei Lloyd’s.

I Lloyd’s non sono una o più compagnie di assicurazioni ma è una grande corporazione che opera in parte in base al principio di mutualità, in cui i membri si raggruppano in sindacati per assicurare i rischi.

Il mercato lavora in modo diverso da una compagnia: non ci sono azionisti perché gli stakeholder (gruppi o sindacati) sono gruppi i cui membri sono Managing, Agents, Brokers o sottoscrittori. Non emettono direttamente le polizze, la corporazione ha solo il compito di controllo dei suoi membri riuniti in gruppi facenti capo ciascuno a un proprio specifico tecnico del ramo, detto Underwriter, che possiede delega per le transazioni (emissioni, perfezionamenti, variazioni).

Comunemente i Lloyd’s lavorano sia attraverso i Broker, per una migliore e più corretta assunzione e conseguente lavorazione del rischio, sia attraverso i Coverholder (che lavorano su incarico del singolo sindacato).

Lavorare con il mercato dei Lloyd’s significa assicurare la maggior parte dei rischi, questo perché ogni singolo sindacato della corporazione possiede una propria specializzazione in un determinato settore di rischio.

Nella scorsa Pillola, parlando della clausola “Claims made”, abbiamo detto che è illimitatamente retroattiva salvo fatto il cambio di compagnia salvaguardato dall’applicazione di una clausola di Retroattività.

La Retroattività, quindi, è una clausola di estensione dell’operatività della polizza con stessa definizione.

È pur vero che se per definizione la “Claims made” è illimitatamente retroattiva, è pur vero che la stessa sembra essere una forzatura all’italiana, quasi un pretesto naturale all’inserimento nel contratto di un’operatività temporale di polizza estesa nel tempo. Difatti l’inserimento della clausola di “Retroattività”, spesso e volentieri, viene concessa dalle compagnie e dagli intermediari con restrizioni e “furberie” che hanno il solo scopo di innalzare il premio senza dare l’opportuna copertura.

La garanzia “Postuma”, comunemente chiamata Ultrattività, è sempre un’estensione dell’operatività della polizza di Responsabilità civile. Copre, di solito, il maggior periodo oltre la cessazione dell’attività (cancellazione dall’albo, morte, sospensione dell’attività o cambio della stessa) al soggetto assicurato dalla compagnia assicurativa a copertura di richieste di risarcimento danno pervenute posteriormente alla scadenza della polizza ma facenti riferimento a eventi dannosi occorsi durante il periodo di vigenza della polizza.

Nel contesto della responsabilità civile professionale diviene quindi rilevante, ai fini dell’attivazione della polizza, non più il sinistro-danno ma il sinistro-denuncia. In parole povere, l’assicurazione coprirà tutti quei fatti avvenuti sicuramente nel periodo di validità del contratto ma anche denunciati nello stesso periodo.

A cosa, sostanzialmente, è servito questo cambiamento di regime di sottoscrizione da loss occurrence a claims made?

Per poter analizzare l’andamento dei prodotti stessi, affinché le pratiche di sinistro denunciate seppur non liquidate e ancora in gestione fossero note agli attuari. Ciò non solo permette alle compagnie di stabilire e stabilizzare il tiro sulla redditività di ogni singola categoria di rischio ma anche di tenere sotto controllo gli indici delle riserve tecniche sia dei sinistri liquidati che di quelli in riserva.

Tale conclusione crea un enorme paradosso circostanziale, fonte ancora di cronaca giudiziaria in ambito civile. In particolare, spostandosi la lente di ingrandimento delle compagnie dal sinistro-evento al sinistro-denuncia, ne viene fuori che la Claims made è illimitatamente retroattiva per definizione. Indirettamente si deve sottostare a una condizione, in parte derogabile: mantenere il più possibile la stessa compagnia.

Il sinistro – denuncia è un fatto “nuovo” che si colloca nel periodo di assicurazione, anche perché la sussistenza di precedenti sinistri o fatti noti sarebbe stata fonte di dichiarazione del proponente/assicurato in fase di acquisizione del rischio attraverso questionario assuntivo, che di norma è parte integrante del contratto e che la compagnia acquisitrice avrebbe escluso dalla copertura.

Perché prima abbiamo detto che è condizione in parte derogabile mantenere la compagnia di assicurazione nel corso del tempo?

Perché sempre in assenza di sinistri, in caso di cambio di compagnia, è buona norma accertarsi che il nuovo contratto consenta l’inclusione della clausola di retroattività per un tempo congruo l’attività del professionista.

Tutte le polizze di Responsabilità Civile professionale hanno, nessuna esclusa, la clausola Claims made.

Al fine di spiegare al meglio il significato di questa clausola o, se meglio vogliamo dire, regime di sottoscrizione, dobbiamo partire proprio dal Codice Civile. Questo, infatti, all’art. 1917, nel definire il sinistro, cita un fatto accaduto “durante il tempo dell’assicurazione”, da questo inciso ne deriva che l’anno (poiché normalmente si parla di polizze annuali) in cui è in vigore l’assicurazione diviene il rischio economico da coprire per le compagnie, indipendentemente da dove pervenga la comunicazione di danno, sempre che, non siano scaduti i tempi di prescrizione.

Questa impostazione, chiamata anche loss occurrence (all’insorgenza del danno) non permetteva agli assicuratori di fare i conti, considerati, peraltro, i lunghi tempi di prescrizione delle richieste di risarcimento del danno nell’ambito del nostro ordinamento giuridico. Come poteva, di fatti, una compagnia stabilire, dopo solo un anno dall’uscita di un prodotto, l’indice di redditività dello stesso?

L’idea di attuare un cambiamento a questo regime è stata determinante.

Il nome di quel cambiamento è Claims made.

Quali sono gli errori nei quali può incorrere il professionista nello svolgimento della propria attività e che possono generare una richiesta di risarcimento danni per responsabilità professionale?

  • Negligenza: quando vengono trascurate per superficialità o disattenzione le regole e le modalità comuni nello svolgere un’attività.
  • Imprudenza: quando un’attività è svolta in modo avventato, impulsivo e poco prudente.
  • Imperizia: particolarmente importante per i professionisti perché significa svolgere il proprio operato senza avere la capacità tecnica specifica.

Quali sono i livelli di gravità della colpa in cui un professionista potrebbe incorrere, se provati ovviamente, in sede di giudizio:

  • Colpa Lievissima.
  • Colpa Lieve: quando non viene rispettata la normale diligenza richiesta a un professionista, che è comunque gravato da un onere di diligenza superiore rispetto a quella di un normale cittadino.
  • Colpa Grave: quando non vengono rispettate nemmeno le più elementari indicazioni di condotta, che chiunque rispetterebbe.

La normativa sull’esercizio delle professioni riconosce in modo deciso che il ruolo del professionista non può essere preso alla leggera, poiché deve rispondere all’aspettativa dei cittadini di trovarsi di fronte una persona molto competente nel proprio ambito.

Che cosa è la responsabilità professionale? Da dove nasce l’esigenza di assicurare la propria professione?

Tutto parte da una frase contenuta all’interno di un articolo del Codice Civile (Art. 2043) che cita, in termini molto comprensibili che “qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Questa citazione ha fatto cadere sulla testa di tutti, indistintamente, il peso della responsabilità civile nei confronti dei terzi in caso di “fatto illecito”. Non si può, per ovvie ragioni, escludere da questo concetto la classe dei liberi professionisti, argomento odierno (dei dipendenti ne parleremo in un prossimo aggiornamento).

È sempre stato fondamentale, seppur facoltativo, per un libero professionista assicurarsi, al fine di tutelare il proprio patrimonio da errori o omissioni che potessero generare richieste di risarcimento danni cagionati a terzi nello svolgimento della propria attività libero professionale. Questa facoltà, però, diviene obbligo con il D. Lgs. 137/2012 divenuto successivamente legge che non lascia scampo a chi, prima di allora, non aveva contratto copertura. Ovviamente la norma va a colpire tutte le professioni regolamentate e subito dopo l’approvazione suscitò clamore in considerazione della delega agli ordini di appartenenza per i regimi sanzionatori.

Nel breve periodo, subito dopo l’entrata in vigore della legge, molte compagnie di assicurazioni hanno attuato le strategie più disperate al fine di tutelare le loro riserve tecniche da eventuali sinistri. Alcune hanno aumentato i tassi, altre sono fuggite dai settori più rischiosi, altre ancora hanno aumentato gli scoperti e le franchigie. La questione più eclatante, però, considerata la tipologia di polizze, è stato il mancato rinnovo dei contratti a scadenza o, addirittura, disdette unilaterali del contratto da parte delle direzioni di compagnia.

Una delle voci che è buona norma analizzare è quella che fa riferimento al massimale, agli scoperti e alle franchigie. Che cosa sono esattamente?

Il massimale rappresenta la somma massima che la compagnia di assicurazione liquiderà, nel caso in cui si dovesse verificare l’evento per il quale è stato stipulato il contratto stesso. Vedremo questa cifra espressa in tutti i contratti ad eccezione della polizza vita e vita intera.

Lo scoperto è un concetto simile a quella della franchigia, che vedremo subito dopo e stabilisce nel momento della stipula del contratto di assicurazione una percentuale del risarcimento del danno che resterà a carico dell’assicurato. Ha lo scopo di evitare alle compagnie il risarcimento dei danni minori e la funzione di sensibilizzare l’assicurato a una maggiore prudenza.

Al contrario dello scoperto la franchigia è quella parte di indennizzo che resta a carico dell’assicurato espressa in cifra fissa. La franchigia può essere di tipo assoluto quando al di sotto di essa il risarcimento sarà integralmente a carico dell’assicurato e al di sopra sarà pari alla differenza tra il risarcimento e la cifra fissa espressa sul frontespizio di polizza. La franchigia sarà, invece, relativa, quando al di sotto di essa il risarcimento sarà integralmente a carico dell’assicurato e al di sopra sarà integrale.

Le assicurazioni sulla vita sono divise in due categorie:

  • Protezione;
  • Capitalizzazione.

Nella prima categoria, più che di assicurazioni sulla vita stiamo parlando di una “pura” Temporanea Caso Morte, dove a seguito di un versamento di un piano prestabilito di premi annui, in caso di morte dell’assicurato entro la scadenza prestabilita, al beneficiario designato in polizza è liquidato un capitale. Tali polizze si risolvono alla morte dell’assicurato o comunque alla scadenza finale del contratto, senza possibilità di rinegoziare le stesse condizioni. In ogni caso i premi pagati restano acquisiti dalla compagnia.

Questa è l’unica polizza che si può definire “altruista” nell’attuale panorama dei servizi assicurativi offerti dal mercato.

Nella seconda categoria ci sono le polizze di capitalizzazione: strumenti di risparmio che garantiscono all’assicurato di effettuarsi un piano di accumulo in modo da consolidare il risparmio e poterne disporre alla scadenza prestabilita dalla polizza.

I vari tipi di polizze di capitalizzazione differiscono tra loro dalla natura della gestione d’investimento nei quali i premi confluiranno: se di tipo obbligazionario (prudente), azionario (rischiosa) o misto.

Parallelamente a tali prodotti assicurativi troviamo le più “insidiose”: Unit Linked e Index Linked, che investono in fondi comuni o in obbligazioni strutturate.

Le prime sono strettamente legate alla vita dell’assicurato a elevato contenuto finanziario e il loro valore è collegato a quello delle quote dei fondi in cui il capitale è investito.

Le Index Linked hanno un tempo predeterminato e, in generale, la quota di premio è investita in strumenti che replicano gli indici (solitamente azionari) cui la polizza è collegata.