Giovanni è un uomo dalla vita semplice e felice. Cresciuto in una famiglia amorevole e unita, aveva sempre trovato conforto nel calore della sua casa e nel sostegno incondizionato dei suoi cari. Suo padre, Antonio, era un insegnante di matematica in pensione, un uomo saggio e paziente che lo aveva sempre incoraggiato a seguire i suoi sogni. Sua madre, Maria, era una donna energica e premurosa, il cuore pulsante della famiglia, sempre pronta a prendersi cura di tutti. Aveva una sorella minore, Laura, una giovane donna brillante e ambiziosa che lavorava come avvocato in uno studio legale di Milano.

Giovanni Russo, quarant’anni, sorriso caloroso, occhi vivaci, una persona leale e generosa che ha sempre avuto un cuore grande, quanto il suo amore per la vita. Cresciuto nel cuore della campagna italiana, Giovanni ha imparato sin da giovane il valore del duro lavoro e della determinazione.

Fin da bambino ha manifestato una curiosità innata per il mondo intorno a lui, un desiderio di esplorare, imparare e crescere. Crescendo tra i campi dorati e i sentieri di campagna, ha sviluppato un legame profondo con la natura e un senso di gratitudine per le semplici gioie della vita. Anche quando la vita gli ha presentato sfide e ostacoli, Giovanni ha affrontato ogni battaglia con coraggio e dignità, mantenendo sempre vivo il suo spirito indomito e la sua fede nel futuro.

Una sera di fine ottobre, Giovanni tornò a casa dal lavoro stanco ma soddisfatto. Lavorava come ingegnere civile e amava il suo lavoro. Era riuscito a terminare un progetto importante e non vedeva l’ora di raccontarlo alla sua famiglia durante la cena. Ma quella sera, tutto cambiò.

Seduto a tavola con i suoi genitori e Laura, Giovanni iniziò a raccontare della sua giornata. All’improvviso, un dolore lancinante gli attraversò la testa. Si portò una mano alla tempia, cercando di nascondere il disagio.

“Giovanni, va tutto bene?” chiese Maria, preoccupata.

“Sì, mamma, solo un po’ di mal di testa. Forse è solo la stanchezza,” rispose Giovanni con un sorriso forzato.

Ma il dolore non passava.

A stenti riuscì a terminare il pasto ed il suo silenzio a tavola causò grossa preoccupazione dei familiari che non si spiegavano questo improvviso malessere del loro caro.

Nemmeno il soffice cuscino ed il caldo abbraccio del proprio letto riuscirono a placare la sensazione di quell’innaturale dolore provato mentre mangiava.

Perso nei pensieri ed esausto riuscì finalmente a cadere nel sonno.

Nei giorni successivi, i mal di testa diventarono sempre più frequenti e intensi. Giovanni iniziò a perdere la concentrazione sul lavoro e la sua energia diminuì drasticamente. Decise di fissare un appuntamento dal proprio medico.

Qualche giorno dopo, Giovanni entrò nello studio del Dottor Martini, cercando di mascherare la preoccupazione dietro un sorriso. Il dottore, un uomo di mezza età con capelli grigi e un sorriso caloroso, lo accolse con una battuta.

“Giovanni! Quanto tempo! Sei venuto a trovarmi perché senti la mia mancanza o c’è qualcosa che non va?” chiese il medico, ridacchiando mentre chiudeva la porta.

Giovanni sorrise debolmente. “Ciao, dottore. Beh, mi manchi sicuramente, ma stavolta sono qui per un motivo un po’ meno piacevole.”

Il dottore indicò la sedia davanti alla sua scrivania. “Siediti, siediti. Raccontami tutto. Sai che mi piace farmi i fatti tuoi.”

Giovanni si sedette, cercando di trovare le parole giuste. “Ho avuto questi mal di testa terribili negli ultimi giorni. Non sono come i soliti mal di testa, sono molto più intensi e… mi stanno preoccupando.”

Martini annuì, la sua espressione diventando leggermente più seria.

“Capisco. Ma dai, non facciamo subito i catastrofisti. Vediamo un po’ cosa c’è che non va. Hai cambiato abitudini alimentari, dormi abbastanza?”

Giovanni scosse la testa. “No, niente di diverso. Dormo abbastanza bene, mangio come sempre. Ma questi mal di testa sono… sono davvero forti.”

Il dottore si alzò, avvicinandosi a Giovanni per esaminarlo più da vicino. “Va bene, faremo qualche controllo. Ma intanto, sai qual è la cura infallibile per il mal di testa? Una bella risata! Hai sentito l’ultima barzelletta sui medici?”

Giovanni non poté fare a meno di sorridere. “No, non l’ho sentita. Qual è?”

Il Dottor Martini rise. “Allora, c’è questo paziente che va dal dottore e gli dice: ‘Dottore, ogni volta che bevo il caffè mi fa male l’occhio.’ E il dottore risponde: ‘Hai provato a togliere il cucchiaino dalla tazza?'”

Giovanni scoppiò a ridere, sentendosi un po’ più rilassato. “Grazie, dottore. Avevo bisogno di ridere un po’.”

Martini sorrise affettuosamente. “Non c’è di che, Giovanni. Ora, facciamo un controllo completo. Non preoccuparti troppo, ok? Mi prendo io cura di te, alla fine lo faccio da 30 anni, e vediamo cosa possiamo fare per quei mal di testa. Probabilmente è solo stress o qualcosa di semplice, ma è meglio essere sicuri.”

Giovanni annuì, sentendosi un po’ più sollevato dalla presenza rassicurante del suo vecchio amico e medico. “Va bene, dottore. Mi fido di te.”

Il Dottor Martini strizzò l’occhio. “E fai bene! Ora vediamo di risolvere questa cosa e poi magari ti racconto un’altra barzelletta per festeggiare.”

Giovanni dovette sottoporsi a una semplice risonanza magnetica. Giovanni accettò senza pensarci troppo, convinto che non fosse nulla di grave.

 

Il dolore alla testa aumentava, pulsava e dilaniava i suoi sogni… i suoi pensieri.

Lui non ci capiva nulla, alla fine era un ingegnere civile non un medico eppure quel risultato appena ritirato dal poliambulatorio non gli dava una buona sensazione. Il Dottor Martini non era molto Smart, sarebbe stato inutile inviare il referto tramite mail, così decise di andare direttamente al suo studio appena uscito dal lavoro. Senza appuntamento avrebbe dovuto aspettare molto. Appena arrivato, consegnò subito il referto alla Sig.ra Camilla, una infermiera in pensione, oramai, che aveva sempre assistito il Dottor Martini. Aveva sempre pensato che ci fosse del tenero tra quei due!

Il momento era arrivato è Camilla, con uno sguardo diverso dal solito uscendo dalla stanza del medico, fece accomodare Giovanni.

Il Dottor Martini sedette dietro la sua scrivania, il viso solitamente allegro ora segnato da una serietà insolita. Giovanni entrò nello studio, notando subito il cambiamento nell’atmosfera. Sentiva un nodo nello stomaco mentre si avvicinava alla sedia di fronte al medico.

“Ciao, Giovanni. Accomodati, per favore,” disse il Dottor Martini con una voce più dolce del solito.

Giovanni si sedette, cercando di leggere il volto del suo medico di lunga data. “Ciao, dottore. Cosa c’è? Sembri preoccupato.”

Il Dottor Martini prese un respiro profondo, tenendo il referto della risonanza magnetica tra le mani. “Giovanni, prima di tutto voglio dirti che sono qui per te, in ogni passo di questo percorso. Ma devo darti una notizia difficile.”

Giovanni si sentì gelare. “Di cosa si tratta, dottore? È qualcosa di serio?”

Il medico annuì lentamente, i suoi occhi tradendo la preoccupazione. “Giovanni, il referto della tua risonanza magnetica mostra la presenza di una massa nel tuo cervello. Molto probabilmente, si tratta di un tumore.”

Il cuore di Giovanni sembrò fermarsi per un momento. “Un tumore… nel cervello?” ripeté, la voce tremante.

Il Dottor Martini si sporse in avanti, cercando di essere il più rassicurante possibile. “Sì, Giovanni. So che è un colpo durissimo, e so che queste parole sono difficili da digerire. Ma voglio che tu sappia che non sei solo in questo. Ci sono molti passi che dobbiamo fare prima di capire la natura di questa massa e molti altri che possiamo fare insieme per affrontare questa situazione.”

Giovanni sentì le lacrime riempirgli gli occhi, ma cercò di mantenere la calma. “Cosa significa, dottore? Quali sono le opzioni?”

Il Dottor Martini gli prese la mano, un gesto che aveva sempre usato per confortare i suoi pazienti. “Significa che dobbiamo agire subito. Ci saranno ulteriori esami per capire esattamente di che tipo di tumore si tratta e per stabilire il miglior piano di trattamento. E, Giovanni, ti prometto che sarò con te in ogni fase di questo percorso. Non devi affrontarlo da solo.”

Giovanni annuì, cercando di raccogliere il coraggio. “Grazie, dottore. So che posso contare su di te. Sono solo… spaventato.”

Il Dottor Martini strinse leggermente la mano di Giovanni. “È normale essere spaventati, Giovanni. Ma ricorda che non hai solo me, ti invierò dal miglior oncologo e dal miglior neurochirurgo della nazione ed una squadra di medici al tuo fianco ti seguirà passo dopo passo.”

Giovanni respirò profondamente, cercando di assimilare le parole del suo medico. “Farò del mio meglio per rimanere forte. Grazie, dottore. Non so cosa farei senza di te.”

Il Dottor Martini gli sorrise con affetto, cercando di infondere un po’ di speranza. “Siamo qui per combattere, Giovanni. E combatteremo con tutte le nostre forze. Iniziamo questo percorso, un passo alla volta.”

Tornato a casa, Giovanni non riusciva a nascondere la sua angoscia. I suoi genitori lo aspettavano in salotto, preoccupati per l’esito della visita.

“Giovanni, che è successo?” chiese Antonio, il volto teso.

Giovanni si sedette tra loro, sentendo il peso della notizia che doveva condividere. “Hanno trovato una massa nel mio cervello. Il dottore pensa che sia un tumore.”

Maria portò una mano alla bocca, soffocando un grido di dolore. Antonio lo abbracciò forte, cercando di trattenere le lacrime. Laura, che era arrivata da poco, si sedette accanto a lui, stringendogli la mano.

“Giovanni, siamo qui con te. Supereremo tutto questo insieme,” disse Laura, con una determinazione che cercava di nascondere la sua paura.

Nei giorni successivi, la notizia si diffuse tra i loro amici più cari. Michele e Luca, i suoi migliori amici fin dai tempi dell’università, vennero subito a trovarlo.

“Giovanni, non sei solo in questa battaglia. Siamo qui per te, qualsiasi cosa accada,” disse Michele, abbracciandolo.

“Sì, amico. Combatteremo insieme. Non mollare,” aggiunse Luca, cercando di sorridere nonostante la preoccupazione.

Giovanni sentiva il sostegno della sua famiglia e dei suoi amici, ma dentro di sé era travolto dall’incertezza e dalla paura. Le notti erano lunghe e insonni, i pensieri si accavallavano senza tregua. Tuttavia, nonostante il terrore e la confusione, Giovanni trovò una forza interiore che non sapeva di avere. Decise di affrontare la malattia con coraggio e speranza, determinato a lottare per la sua vita e per il suo futuro.

Ogni giorno, cercava di mantenere la routine, di trovare momenti di normalità. Continuava a lavorare quando poteva, a camminare nel parco con il suo cane, a giocare a scacchi con suo padre. Parlava lunghe ore con sua sorella Laura, che lo supportava in ogni modo possibile, cercando di alleggerire il peso della situazione.

Un giorno, mentre passeggiava con Michele lungo il Naviglio, Giovanni si fermò a guardare l’acqua che scorreva lenta.

“Sai, Michele, ho sempre pensato che la vita fosse una strada dritta, con qualche curva qua e là. Ma ora mi rendo conto che è più come questo fiume. A volte scorre tranquillo, altre volte è turbolento. Ma continua sempre a scorrere, non importa cosa accada.”

Michele lo guardò, impressionato dalla saggezza nelle sue parole. “E noi siamo qui per assicurarti che continuerà a scorrere, Giovanni. Qualunque cosa accada, non sei solo.”

La battaglia di Giovanni era appena iniziata, ma il suo spirito indomito e il sostegno della sua famiglia e dei suoi amici gli davano la forza per affrontare ogni giorno con determinazione. Aveva deciso di vivere ogni momento con intensità, di non dare nulla per scontato e di combattere con tutto se stesso. Il futuro era incerto, ma lui sapeva che, con l’amore e il sostegno dei suoi cari, poteva affrontare qualsiasi sfida.

Vi è piaciuta la storia fino a qui?

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Tratto dal Diario dell’ Avv. Giovanni Santini

1 Marzo

Oggi è una giornata che non dimenticherò mai. Anna e Marco Rossi sono entrati nel mio studio con il cuore spezzato e una richiesta di giustizia per il loro piccolo Matteo, deceduto in ospedale a causa di una forma aggressiva di leucemia. Come avvocato specializzato in malasanità, ho ascoltato molte storie strazianti, ma il dolore negli occhi di questi genitori era diverso. Non potevo rifiutare il loro caso.

Mi hanno raccontato tutto, dal principio. Matteo era un bambino vivace e pieno di vita, amava giocare a calcio e sognava di diventare un astronauta. Era sempre stato in salute, ma un giorno di giugno dell’anno scorso, Anna notò che suo figlio aveva delle insolite ecchimosi sulle gambe e sembrava sempre stanco. Inizialmente pensarono che fosse solo stanchezza o qualche piccolo incidente durante il gioco, ma quando le ecchimosi aumentarono e Matteo iniziò a lamentare dolori ossei, decisero di portarlo dal medico.

La diagnosi arrivò come un fulmine a ciel sereno: leucemia. Marco mi ha raccontato di come il mondo sembrò crollargli addosso in quel momento. Ricorda ancora il volto pallido di Anna, lo sguardo incredulo, le lacrime silenziose che le rigavano il volto. Da quel giorno, iniziò un calvario fatto di ricoveri, esami, chemio e terapie sperimentali. Ogni giorno era una battaglia, una speranza alternata alla paura.

In ospedale, Matteo era seguito da un team di sanitari che assicuravano Anna e Marco di star facendo tutto il possibile. Ma col passare delle settimane, i Rossi iniziarono a notare delle incongruenze. Analisi che risultavano fatte ma di cui non avevano mai visto i risultati, domande che rimanevano senza risposta, decisioni mediche prese senza il loro consenso informato. Anna sentiva che qualcosa non andava, il suo istinto di madre le diceva che c’era di più di quanto i medici volessero far credere.

L’ultima notte di Matteo è impressa nella memoria di Marco come un incubo. Il piccolo aveva avuto una crisi respiratoria, e nonostante le richieste disperate di aiuto, la risposta del personale medico era stata tardiva e inefficace. Anna mi ha descritto quel momento con una voce rotta: “Ho visto mio figlio lottare per ogni respiro, fino a che non ce l’ha fatta più. Il suo corpicino si è rilassato, e io ho capito che era finita.”

Seduti di fronte a me, i Rossi erano l’immagine del dolore e della determinazione. “Non possiamo riportare indietro Matteo,” disse Marco con un filo di voce, “ma possiamo fare in modo che nessun altro genitore debba affrontare quello che abbiamo passato noi.” Anna annuiva, stringendo tra le mani una piccola foto del figlio, l’unico ricordo tangibile di un bambino che non c’era più.

Ho sentito una stretta al cuore ascoltando la loro storia. La mia missione, da quel momento in poi, è diventata chiara: avrei fatto tutto il possibile per portare alla luce la verità e garantire giustizia per Matteo e la sua famiglia.

10 Aprile

Abbiamo presentato le prime denunce. La famiglia Rossi vuole sapere se tutto il possibile è stato fatto per salvare Matteo. L’ospedale ha risposto con il silenzio, ma la verità ha un modo tutto suo di emergere.

15 Giugno

Durante le indagini preliminari, ho scoperto che due sanitari avevano falsificato la cartella clinica di Matteo, facendo risultare come compiute delle analisi mai eseguite. Questa scoperta ha gettato una luce sinistra sulla gestione dell’intero caso. Nonostante ciò, il medico principale è stato scagionato dall’accusa di omicidio colposo, e la richiesta di risarcimento dei danni, in sede civile, è stata respinta. Sentivo che la giustizia non stava seguendo il giusto corso.

5 ottobre

Il processo penale di primo grado non è andato come volevo. Ne va della mia dignità di uomo e di professionista, non posso arrendermi. Ricorrerò in appello!

6 settembre

Sono passati due anni. 730 giorni di studio, ricerca, speranza. In appello, abbiamo ottenuto una piccola vittoria: la Corte ha ridotto le colpe dei sanitari alla sola falsificazione delle date sui report di stampa. Ma per Anna e Marco, questo non era sufficiente. La loro battaglia per la verità sarebbe continuata.

20 dicembre

Altri 4 anni sono passati.

La Cassazione ha accolto le nostre lamentele, annullando la sentenza impugnata agli effetti civili e rinviando il caso al giudice civile competente. Questo ci ha dato una nuova speranza. La verità, finalmente, sembrava a portata di mano.

15 marzo

Il nuovo giudizio presso la Corte d’Appello ha confermato la conformità della terapia eseguita dai sanitari al protocollo per la cura della leucemia di quel tipo. Anche l’assenza di un adeguato consenso informato è stata ritenuta irrilevante rispetto alla morte del bambino. Ma io sapevo che non era così. Anna e Marco avevano diritto a essere informati e coinvolti nelle decisioni riguardanti la salute del loro figlio.

30 maggio

Non ci siamo arresi. Siamo tornati in Cassazione, sottolineando la violazione degli obblighi informativi e del consenso informato, soprattutto riguardo l’uso di un protocollo sperimentale su un minore. Questa battaglia legale è diventata una missione personale per me.

20 settembre 

Oggi, la Suprema Corte ha accolto le nostre lamentele, stabilendo che il consenso informato è essenziale per garantire il diritto all’autodeterminazione del paziente. La decisione ha riconosciuto che Anna e Marco avevano il diritto di essere pienamente informati e coinvolti nelle cure di Matteo. Questa vittoria non restituirà loro il figlio, ma è un passo importante verso la giustizia.

Scrivo queste righe con un misto di soddisfazione e tristezza. La giustizia ha prevalso, ma il prezzo pagato dai Rossi è stato incommensurabile. La loro lotta per Matteo ha portato alla luce l’importanza del consenso informato e dei diritti dei pazienti. Continuerò a combattere per famiglie come la loro, affinché nessuno debba affrontare questa tragedia senza essere adeguatamente informato e coinvolto nelle decisioni mediche.

 

Giovanni Santini 

Avvocato per la Giustizia

 

La storia di Matteo e dei suoi genitori, ci lascia riflettere su tre cose fondamentali:

Scegliere Strutture Sanitarie e Professionisti Assicurati: È essenziale affidarsi a strutture sanitarie e professionisti del settore medico che siano assicurati con polizze adeguate alle leggi vigenti. Questo non solo garantisce il paziente in termini economici, in caso di richiesta di risarcimento, ma assicura la serietà delle strutture e dei sanitari.

 

Rimanere Aggiornati sulle Novità in Tema di Sicurezza delle Cure e Diritti dei Pazienti: Essere informati sulle ultime novità in tema di sicurezza delle cure e diritti dei pazienti è cruciale. Conoscere i propri diritti e le migliori pratiche sanitarie permette di fare scelte consapevoli e di pretendere il massimo dalla sanità.

Farsi Seguire da un Consulente Assicurativo Preparato: La rilevanza di essere sempre seguiti da un intermediario o consulente assicurativo professionalmente preparato e aggiornato è fondamentale. Un buon consulente può guidare nelle scelte assicurative, garantendo la protezione necessaria.

 

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*I personaggi e gli eventi descritti in questo articolo sono frutto della fantasia e non corrispondono a persone o situazioni reali. La storia narrata è liberamente ispirata alla sentenza della Corte di Cassazione n. 26104 del 2022.  Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o decedute, è puramente casuale.

La luce del mattino filtrava dalle ampie finestre dello studio, illuminando il viso concentrato del dottor Luca Moretti. La morte di Elena  era una ferita che non si sarebbe mai chiusa, un dolore sordo che portava con sé in ogni intervento, in ogni decisione.

Tuttavia, Luca sapeva di non poter permettere che il passato influenzasse il suo presente.

Doveva essere forte per i suoi pazienti, per i suoi collaboratori, per gli specializzandi che istruiva … per onorare il suo ricordo.

Nel corridoio, la sua equipe si preparava per un’altra giornata intensa.

Il Dottor Marco Santini era un chirurgo generale di grande esperienza e fidato amico di Luca. Noto per la sua abilità eccezionale in sala operatoria e il suo spirito di squadra. Con i suoi capelli castani sempre un po’ spettinati e un sorriso disarmante, Marco era il cuore pulsante dell’equipe chirurgica. Era famoso per il suo senso dell’umorismo tagliente e la sua capacità di alleggerire anche le situazioni più tese con una battuta al momento giusto.

Fuori dall’ospedale, Marco era un appassionato di calcio, e spesso organizzava partite con i colleghi. La sua casa era il punto di ritrovo per le serate di gioco e le grigliate estive. La sua dedizione alla professione era pari solo al suo amore per la vita, e questo equilibrio faceva di lui un medico amato sia dai pazienti che dai colleghi.

 La Dottoressa Alessandra Romano era un’eccezionale chirurga pediatrica, riconosciuta per la sua empatia e il suo approccio compassionevole verso i piccoli pazienti e le loro famiglie. I suoi occhi verdi luminosi spiccavano come stelle lucenti sul suo viso circondato da una riccia chioma nera corvino. Alessandra era una presenza rassicurante e positiva all’interno del reparto.

Cresciuta in una piccola città del sud Italia, Alessandra aveva portato con sé la calda ospitalità e il senso di comunità della sua terra natale. Era conosciuta per la sua capacità di trovare il lato positivo in ogni situazione e di infondere speranza nei cuori dei genitori preoccupati. Oltre al suo lavoro, Alessandra amava la musica e suonava il pianoforte, spesso organizzando serate musicali che riunivano colleghi e amici in un’atmosfera rilassata e gioiosa.

Il Dottor Paolo Rinaldi, capelli neri sempre perfettamente pettinati, occhiali che gli conferivano un’aria intellettuale, era un chirurgo cardiovascolare di eccezionale bravura. Paolo era  precisione, minuzia,  attenzione ai dettagli, qualità che lo rendevano uno dei migliori nel suo campo. La sua mente analitica e la sua capacità di risolvere problemi complessi lo avevano fatto emergere come uno dei pilastri dell’equipe chirurgica del Dott. Luca Moretti.

Nonostante la sua serietà professionale, Paolo aveva una passione per i film di fantascienza e la letteratura classica. Nel tempo libero, amava discutere di teorie scientifiche e scenari futuristici con gli specializzandi del terzo e quarto anno, stimolando conversazioni che spesso sfociavano in serate divertenti e stimolanti. La sua dedizione alla medicina era evidente, ma Paolo sapeva anche trovare il tempo per godersi la vita e le amicizie che aveva costruito nel corso degli anni.

 Luca camminava lungo il corridoio dell’ospedale, i suoi pensieri sempre rivolti all’errore, il più grande insegnante nella sua professione, e soprattutto al dolore sempre presente e che gli permetteva di sentirsi vivo e mantenere la mente concentrata sui propri obiettivi e sulla promessa che aveva fatto ad Elena.

 Proprio mentre stava per entrare nella camera bianca, vide un gruppo di persone familiari riunite poco più avanti.

 Marco, con la sua risata inconfondibile, stava raccontando una delle sue solite barzellette. Alessandra, sempre solare, ascoltava attentamente e annuiva, mentre Paolo, con un libro sotto il braccio, sorrideva divertito.

 Luca si avvicinò, e Marco fu il primo a notarlo.

“Ecco il nostro leader!” esclamò Marco, facendo cenno a Luca di unirsi al gruppo.

 “Buongiorno, ragazzi,” disse Luca con un sorriso stanco. “Come va?”

 Alessandra rispose con il suo solito entusiasmo: “Tutto bene, Luca. Stavamo solo cercando di decidere dove andare a pranzo oggi. Hai qualche suggerimento?”

 “Direi che possiamo provare quel nuovo ristorante giapponese di cui tutti parlano,” propose Paolo, aggiungendo un tocco di novità alla conversazione.

 Luca annuì, apprezzando il tentativo dei suoi amici di mantenere l’atmosfera leggera. “Mi sembra un’ottima idea. Dopo tutto, un buon pranzo potrebbe essere proprio quello che ci serve per affrontare il pomeriggio.”

 Nonostante i cupi e grigi pensieri che attraversavano la sua testa, sapeva che insieme  a loro avrebbe potuto affrontare qualsiasi cosa.

 Nel frattempo, un gruppo di specializzandi del primo anno si radunava nervosamente nei corridoi, pronti per una giornata di osservazioni e apprendimenti. Una giovane donna dai capelli rossi e ricci, con una risata contagiosa che riusciva a rompere la tensione anche nei momenti più difficili. Era nota per il suo ottimismo incrollabile e per la sua capacità di trovare il lato positivo in ogni situazione.

 Accanto a lei, un’altra specializzanda con occhiali grandi e rotondi, sempre immersa nei libri. Era un’autentica enciclopedia medica ambulante, capace di citare studi e ricerche a memoria. Nonostante la sua serietà, aveva una passione segreta per i film di fantascienza, che amava discutere con chiunque volesse ascoltarla.

 Tra di loro c’era, una giovane donna dai capelli castani e occhi verdi e determinati. Era arrivata con grandi aspettative e un desiderio ardente di imparare dai migliori. Aveva sentito parlare della reputazione del dottor Moretti e non vedeva l’ora di poter lavorare al suo fianco. Il suo nome era Sara!

Infine, un giovane uomo con un’energia inesauribile e un sorriso perennemente stampato sul volto. Era noto per il suo senso dell’umorismo, sempre pronto a fare una battuta per alleggerire l’atmosfera. La sua attitudine rilassata non comprometteva però la sua dedizione al lavoro, e tutti sapevano che potevano contare su di lui nei momenti di difficoltà.

Sara si avvicinò al gruppo di chirurghi senior con un sorriso timido. “Buongiorno, dottor Moretti. Sono Sara Bianchi, una delle nuove specializzande. È un onore poter imparare da voi.”

Luca le sorrise con calore. “Benvenuta, Sara. Spero che tu sia pronta a lavorare sodo. Qui non c’è spazio per gli errori, ma se hai la volontà di imparare, troverai tutto il supporto di cui hai bisogno.”

 “Sì, dottore. Farò del mio meglio,” rispose Sara, sentendo un’ondata di determinazione crescere dentro di lei.

 Era ora di iniziare!

 “Pronti per un’altra giornata?” chiese Luca, entrando nella sala con un sorriso stanco ma determinato.

 “Pronti come sempre, capo,” rispose Marco con un cenno del capo. “Abbiamo un paio di interventi complessi questa mattina, ma niente che non possiamo gestire.”

 “Perfetto! Alessandra, il primo caso è tuo! Un aneurisma cerebrale su un neonato di pochi giorni. Ho piena fiducia in te,” disse Luca, guardandola negli occhi.

 “Grazie, Luca. Non ti deluderò,” rispose Alessandra, raccogliendo la sfida.

 Luca si immerse completamente nel lavoro, dando istruzioni precise e supervisionando ogni intervento. Durante una pausa, si trovò a parlare con Marco e Alessandra nel piccolo ufficio adiacente alla sala operatoria.

 “È incredibile quanto lavoro ci sia sempre da fare,” disse Marco, togliendosi i guanti chirurgici. “Ma non cambierei nulla di questo lavoro. Siamo fortunati a poter fare la differenza ogni giorno.”

 “Sono d’accordo,” aggiunse Alessandra, bevendo un sorso d’acqua. “Nonostante tutto il dolore e le sfide, sapere che possiamo salvare vite è ciò che ci spinge a continuare.”

 Luca annuì, riflettendo su quanto fossero veri quei sentimenti. “Abbiamo tutti scelto questa strada per una ragione. E anche nei momenti più difficili, dobbiamo ricordare il perché siamo qui.”

 Mentre la giornata avanzava, Sara ebbe l’opportunità di assistere all’ intervento guidato da Alessandra. Era un’operazione delicata, e Sara osservava ogni movimento con attenzione, cercando di apprendere il più possibile. Dopo l’intervento, la D.ssa Romano si avvicinò a lei.

 “Sei stata attenta, Sara. Buon inizio. Ricorda, l’importanza è nei dettagli. Non esitare mai a fare domande,” disse Alessandra con un incoraggiante sorriso.

 “Grazie, dottoressa Romano. Farò del mio meglio per imparare tutto ciò che posso,” rispose Sara, sentendosi grata per l’opportunità.

Alla fine della giornata, Luca si ritirò nel suo ufficio, dove trovò un messaggio sulla sua scrivania. Era una richiesta di appuntamento con Giovanni Russo, un nuovo paziente con una diagnosi di tumore cerebrale. Luca prese un respiro profondo, preparandosi mentalmente per la nuova sfida che lo attendeva. Sapeva che ogni paziente rappresentava una nuova possibilità, un nuovo inizio.

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Nell’affollata sala operatoria di un ospedale di Salerno, il dottor Ricci, un rinomato ginecologo, stava concludendo con successo un delicato intervento chirurgico. La paziente, Anna, era alla sua quinta gravidanza e sembrava aver superato l’operazione senza complicazioni. Ma come spesso accade, il vero pericolo si nascondeva nell’ombra del post-operatorio.

Dopo l’intervento, il dottor Ricci si accertò che Anna fosse stabilizzata e la affidò al ginecologo di turno per il monitoraggio. Si sentiva sicuro, certo di aver fatto tutto il possibile per garantire la sua guarigione. Tuttavia, poche ore dopo, un’emorragia da atonia uterina, una condizione rara ma grave, iniziò a manifestarsi.

I segni c’erano: una pressione arteriosa instabile, una frequenza cardiaca alterata, la contrazione dell’utero insufficiente e un livello di emoglobina in calo. Ma nessuno li notò in tempo. L’emorragia progredì inarrestabile, e Anna perse la vita.

La famiglia di Anna, devastata dal dolore, cercò giustizia, portando il caso in tribunale. Fu contestato al dottor Ricci di non aver monitorato accuratamente le condizioni cliniche della paziente nel delicato periodo post-operatorio, mancando così la possibilità di una diagnosi precoce dell’atonia uterina e dell’emorragia post partum.

Il medico si difese, sostenendo che aveva svolto il suo dovere fino a quando Anna era sotto la sua supervisione diretta.

Tuttavia, sia in primo grado sia in appello la questione rimase controversa sino alla pronuncia della Suprema Corte che non accettò la linea di difesa del Ricci.

Con la sentenza n. 13375 del 2024, la Cassazione ribadì che la responsabilità del chirurgo si estende anche al periodo post-operatorio. Questo obbligo di sorveglianza è cruciale, soprattutto nelle fasi iniziali del puerperio, per prevenire complicazioni gravi e potenzialmente letali.

La Suprema Corte sottolineò come il monitoraggio post-operatorio non possa essere considerato un compito delegabile senza una chiara e continua supervisione, soprattutto in casi ad alto rischio come quello di Anna. Le consulenze tecniche, sia di accusa che di difesa, avevano concordato sull’importanza di un attento controllo della paziente per rilevare tempestivamente i sintomi dell’emorragia post partum, responsabile del 30% di tutte le cause di morte materna.

La storia di Anna e del dottor Ricci è un doloroso promemoria dell’importanza del monitoraggio post-operatorio e della responsabilità continua che i chirurghi hanno verso i loro pazienti, ben oltre la sala operatoria.

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*I personaggi e gli eventi descritti in questo articolo sono frutto della fantasia e non corrispondono a persone o situazioni reali. La storia narrata è liberamente ispirata alla sentenza della Corte di Cassazione n. 13375 del 2024. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o decedute, è puramente casuale.

Continuano le storie di vita in corsia che hanno come protagonisti, fino ad ora:

Luca Moretti: Chirurgo tormentato dal senso di colpa e dal rimpianto per un errore medico.

Elena: Paziente coraggiosa e piena di speranza, affetta da una grave malattia.

Dottor Carlo Violi: Primario di Neurochirurgia dell’ospedale.

 

Il silenzio gelido della sala d’attesa era assordante.

Luca camminava avanti e indietro come un animale in gabbia, incapace di trovare pace.

Il suo cuore batteva all’impazzata, il suo stomaco era stretto in una morsa di ghiaccio.

La tensione era palpabile, l’aria pesante e soffocante.

Era passata già un’ora dall’inizio dell’intervento di Elena. Un’ora che sembrava un’eternità, un’era geologica scandita solo dal ticchettio ossessivo dell’orologio sulla parete.

Luca si fermò di colpo, fissando la porta della sala operatoria con occhi carichi di angoscia.

La sua mente era un vortice di pensieri ossessivi.

Ripensava alle parole di Elena prima dell’intervento: “Luca, tu mi salverai”.

Una frase che risuonava nelle sue orecchie come un monito, un fardello insostenibile.

Si sentì improvvisamente in colpa. E se Violi avesse sbagliato qualcosa? E se l’intervento non fosse andato come previsto? E se Elena…? Il pensiero lo terrorizzava, lo spingeva sull’orlo del baratro.

Durante un intervento chirurgico per rimuovere un tumore cerebrale l’utilizzo di una fresa è ritenuto strettamente necessario. Nella pratica medica la fresa non viene utilizzata solo per asportare il tumore in maniera precisa e delicata, minimizzando il danno ai tessuti sani circostanti, ma anche per creare un’apertura nel cranio del paziente per consentire l’accesso al tumore ed in alcuni casi in cui l’osso intorno al tumore è infetto può essere utilizzata per rimuovere quest’ultimo.

È importante che il chirurgo scelga la fresa giusta per il paziente e che la utilizzi con attenzione e precisione

La scelta del giusto strumento da utilizzare dipende da diversi fattori quali la dimensione e la posizione del tumore, la durezza dell’osso cranico e soprattutto l’esperienza dell’operatore.

Un uso improprio della fresa può causare gravi danni al paziente, come lesioni vascolari o nervose.

Luca, chiuse gli occhi con forza, cercando di calmare il suo respiro affannoso.

Si ripeté mentalmente che il professore era più che un chirurgo esperto, che aveva già eseguito con successo migliaia di interventi.

Doveva avere fiducia, doveva sperare nella medicina, nell’equipe chirurgica, in Elena.

Aprì gli occhi di nuovo e si guardò allo specchio.

Il suo viso era pallido, i suoi occhi cerchiati di occhiaie nere. Sembrava un uomo distrutto, un fantasma di se stesso.

Non poteva cedere alla disperazione. Doveva essere forte per Elena, per se stesso. Doveva credere che tutto sarebbe andato bene.

Si avvicinò di nuovo alla porta della sala operatoria e appoggiò l’orecchio contro il freddo alluminio. Riusciva a sentire un ronzio metallico, il rumore della fresa e degli altri strumenti chirurgici che si muovevano freneticamente. Un suono che lo faceva rabbrividire, ma che allo stesso tempo gli dava una flebile speranza.

L’anestesista osservava incredula le mani del Prof. Violi estrarre la fresa dalla cavità cranica della paziente e gettarla con forza a terra.

Il suono gelido del silenzio era calato su tutta l’equipe chirurgica, il continuo brusio del respiratore che indicava l’assenza di battito penetrava nella testa degli stanti come una lama.

Si fermò di colpo, come se fosse stato colpito da un fulmine. Aveva sentito un grido, un’imprecazione ripetuta che proveniva dall’interno della sala operatoria. Il suo cuore si fermò per un attimo, poi riprese a battere con ancora più violenza.

Era Elena? Era successo qualcosa? Si precipitò alla porta e la spinse con forza. La porta si aprì lentamente, rivelando la figura del Professor Violi che lo fissava con un’espressione grave.

“Dottor Moretti, mi dispiace…”

Le parole del primario risuonarono come un colpo di pistola nella sua mente. Il mondo gli crollò addosso, lo sprofondò in un abisso di dolore e disperazione. Elena era morta.

Un errore, una leggerezza o una distrazione? Il grande Violi, un luminare nel suo settore aveva sbagliato! L’utilizzo di una fresa troppo potente ed una leggera imprecisione aveva causato una lesione vascolare cerebrale irreversibile alla paziente, con conseguenze fatali.

Luca si sentì come se stesse annegando, come se i polmoni gli venissero schiacciati da un peso enorme. Le lacrime gli rigarono il viso, un fiume inarrestabile di dolore e rimpianto.

Si inginocchiò a terra, incapace di reggersi in piedi. Il suo corpo tremava convulsamente, i suoi singhiozzi risuonavano nella sala d’attesa come un lamento funebre.

Aveva fallito. Non era riuscito a salvare Elena. La sua colpa era insostenibile, un macigno che lo avrebbe schiacciato per sempre.

Ma in fondo al suo dolore, una piccola scintilla di speranza ancora brillava. La voce di Elena risuonava nella sua mente: “Luca, tu mi salverai”.

Luca sapeva che non poteva tradirla. Doveva trovare la forza di andare avanti, di onorare la sua memoria diventando un chirurgo migliore, un uomo migliore.

Si rialzò lentamente, asciugò le lacrime con un gesto stanco. Guardò il professor Violi negli occhi e con voce ferma disse: “Andiamo avanti. Ci sono altre vite da salvare.”

In quel momento, Luca Moretti prese una decisione. Non avrebbe lasciato che l’errore lo definisse. Sarebbe diventato un chirurgo eccezionale, un esempio per tutti. E avrebbe dedicato la sua vita a salvare vite, proprio come Elena aveva sempre desiderato.

[…continua…]

In questo caso, l’errore medico è dovuto alla mancanza di attenzione e di cura da parte del chirurgo. L’utilizzo di una fresa non adeguata alla situazione ha causato un danno grave al paziente, con conseguenze fatali. Il primario in questo caso ha peccato di superbia utilizzando una fresa troppo grande e potente. Quest’ultima ha causato una lesione vascolare cerebrale irreversibile al paziente, con conseguenze fatali.

È fondamentale che gli operatori sanitari utilizzino le frese con la massima attenzione e competenza, seguendo le procedure stabilite e utilizzando le frese adeguate per ogni paziente.

Il caso di Elena, seppur ipotetico, ci ricorda che gli errori medici possono avere conseguenze tragiche. È importante che la comunità medica sia consapevole di questo rischio e che si adotti ogni misura possibile per prevenirlo.

La sicurezza dei pazienti è una priorità assoluta, e gli errori medici di questo tipo devono essere evitati a tutti i costi.

Vi è piaciuta la storia fino a qui?

Le avventure del Dott. Moretti non sono finite! Se volete sapere quali altri sorprese ci riserveranno le corsie del Niguarda, non perdetevi il prossimo episodio!

Seguiteci su www.medmalinsurance.it per scoprire il resto della vicenda e per restare aggiornati su tutte le nostre storie di vita in corsia. Non lasciatevi sfuggire neanche un dettaglio: la vostra curiosità sarà premiata!

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In un tranquillo quartiere di Napoli, viveva una giovane donna di nome Sara. Alta 1,72 metri e con un peso di 60 chili, Sara era in perfetta salute. Un giorno, però, decise di seguire un trattamento dimagrante raccomandato dal farmacista di fiducia del quartiere. La promessa era allettante: una perdita di peso rapida e sicura, senza dover affrontare diete drastiche o faticosi esercizi fisici.

Il farmacista, con fare sicuro e rassicurante, le prescrisse delle pasticche prodotte e confezionate da lui stesso. Sara, fidandosi ciecamente, iniziò a seguire il trattamento senza sospettare minimamente che stava per entrare in un incubo.

Le pillole contenevano sostanze off-label: efedrina, comunemente usata per curare l’asma, e naxeltrone, un antagonista degli oppiacei. L’efedrina avrebbe dovuto aumentare il metabolismo di Sara, mentre il naxeltrone, noto per ridurre la sensazione di piacere legata al cibo, era anche noto per la sua forte epatotossicità.

Dopo poche settimane dall’inizio del trattamento, la vita di Sara cambiò drasticamente. La sua salute si deteriorò rapidamente, sviluppando sintomi gravi come dissenteria, vomito, paralisi degli arti inferiori, delle mani e della testa, interruzione del ciclo mestruale e perdita dei capelli. Questi sintomi portarono Sara a essere ricoverata prima in una clinica privata e poi trasferita d’urgenza all’Ospedale Cardarelli di Napoli.

Lì, i medici scoprirono un grave squilibrio elettrolitico causato dalle pillole prescritte dal farmacista. Fu solo dopo aver ricevuto la cartella clinica, diversi mesi dopo la comparsa dei sintomi, che Sara e la sua famiglia compresero il nesso di causalità tra i farmaci somministrati e le sue condizioni.

Il caso di Sara arrivò davanti alla Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 10658 del 2024, confermò che il farmacista rispondeva del reato di lesioni colpose. La Corte evidenziò che la somministrazione dei farmaci era avvenuta senza un’adeguata valutazione clinica, violando la legge n. 94/1994 e il Codice deontologico.

Questa sentenza ha ribadito due punti cruciali:

  • Il termine per proporre la querela decorre dal momento in cui la vittima viene a conoscenza della possibilità che la patologia sia stata causata da errori diagnostici o terapeutici.
  • La prescrizione inizia dal momento dell’insorgenza della malattia, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità.

La storia di Sara è un potente monito sull’importanza della prudenza e della responsabilità nell’uso dei farmaci. È fondamentale che i professionisti della salute seguano rigorosamente le linee guida cliniche e le normative per garantire la sicurezza dei pazienti.

Se vuoi saperne di più su come proteggerti dagli errori medici e garantire che tu e i tuoi cari riceviate sempre cure sicure e appropriate, visita medmalinsurance.it e segui le nostre pagine social per aggiornamenti e consigli. Non lasciare che la superficialità metta a rischio la tua salute: informati e proteggiti!

*I personaggi e gli eventi descritti in questo articolo sono frutto della fantasia e non corrispondono a persone o situazioni reali. La storia narrata è liberamente ispirata alla sentenza della Corte di Cassazione n. 10658 del 2024. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o decedute, è puramente casuale.

Iniziamo da questo mese di Luglio 2024 una nuova serie di 4 storie di vita in corsia che avranno come protagonisti Medici, infermieri e tanti altri operatori del settore sanitario. Personaggi di pura fantasia, che, in uno stile narrativo,  affronteranno dei casi di Medical Malpractice. Le loro storie, tratte da errori medici reali (fonte primaria: XIV Report Medmal pubblicato da Marsh – scaricalo qui), ci faranno comprendere l’importanza di come una giusta tutela della propria professione possa completare la sicurezza delle cure e quella del proprio paziente e dei suoi cari.

Preparati a immergerti in questa storia commovente e toccante. Una storia che ti lascerà senza fiato e che ti farà riflettere sul vero significato di responsabilità e di speranza. Un viaggio che ci condurrà nelle profondità dell’animo umano, dove la ricerca della giustizia si intreccia con il desiderio di redenzione. Una storia che ci invita a riflettere sulla fragilità della vita e sulla complessità della medicina, dove un singolo gesto può avere conseguenze devastanti.

L’errore fatale.

Milano, sera. La pioggia, incessante e battente, scende a dirotto sulla città, trasformando le strade in fiumi impetuosi e i marciapiedi in specchi d’acqua. Il cielo, plumbeo e minaccioso, opprime la metropoli con la sua oscurità.

Milano, cuore pulsante della medicina, dove l’odore di antisettico si mescola all’ansia dei pazienti e alla concentrazione dei chirurghi. Un luogo sacro, dove ogni gesto è una preghiera per la guarigione e ogni sguardo è carico di fiducia e di responsabilità.

Un uomo di poche parole cammina con andatura decisa e costante nei silenziosi corridoi che collegano i padiglioni del Niguarda. I suoi passi sono rintocchi di un pendolo che, molto probabilmente, sta scandendo il tempo che separa un uomo o una donna dalla propria vita e la morte. L’età si intravede solo nelle sottili rughe che solcano il suo volto altrimenti impassibile, testimonianza di anni dedicati con instancabile passione alla nobile arte della medicina. Le sue mani, strumenti di precisione e di speranza, portano i segni del tempo e del lavoro incessante, celando una delicatezza che sorprende in un uomo dal carattere deciso e volitivo. Un camice bianco inamidato, una cravatta blu scuro e un paio di occhiali da vista conferiscono un’aura di serietà e di affidabilità.

Un uomo tanto impeccabile nasconde sempre dietro il proprio aspetto un passato complesso e tormentato.

Il Dottor Luca Moretti è un chirurgo rinomato, conosciuto non solo per le sue abilità tecniche impeccabili, ma anche per la sua dedizione straordinaria alla cura dei pazienti. Cresciuto in una famiglia di medici, Luca ha respirato l’amore per la medicina fin dalla più tenera età. Suo padre, un chirurgo rispettato, e sua madre, un’infaticabile infermiera, hanno plasmato il suo destino sin dall’infanzia, nutrendo la sua passione per la scienza e per la cura degli altri. Conseguito il diploma, ha ottenuto l’ammissione alla facoltà di medicina, dove ha coltivato la sua passione con fervore e determinazione. Dopo la laurea, Luca ha intrapreso un percorso di specializzazione in Neurochirurgia presso uno dei migliori ospedali della città. Qui, ha affinato le sue abilità sotto la guida esperta dei chirurghi più rinomati, affrontando sfide complesse con coraggio e determinazione. La sua passione per la chirurgia non conosceva limiti, e con il passare degli anni, Luca ha guadagnato una reputazione impeccabile nel proprio settore. Quando l’ombra dell’errore si insinua nel suo cammino, affronta le sfide con coraggio e umiltà, consapevole del privilegio e della responsabilità che porta sulle sue spalle.

Ciononostante ogni volta che aveva percorso quel corridoio che dal reparto lo portava alla “piastra” (così veniva chiamato dai colleghi il blocco operatorio) non faceva altro che ripetere a se stesso una frase, come fosse un mantra…

… una litania…

… una preghiera…

“Luca, tu mi salverai!”

Quelli erano gli unici momenti in cui la maschera della perfezione veniva liquefatta dalle emozioni, dai rimorsi, dal senso di colpa e dai rimpianti: impercettibili attimi di rabbia e disperazione che devastano, come uno tsunami, la ragione, acutizzando alla massima potenza il sentimento che, incontenibile ed inarrestabile, sovrasta la coscienza umana sfiorando la pazzia. In quel frangente l’uomo deve combattere la più dura delle battaglie, quella con la propria oscurità, cercando di mantenere, a tutti i costi, la lucidità del proprio io interiore.

“Luca, tu mi salverai!”

Il pensiero si riavvolgeva nel tempo, 20 anni prima, le mura erano le stesse ma invece del pallido biancore intercalato dalle linee blu, ci si concentrava di più sulle scritte che sul muro i tirocinanti facevano con i marcatori colorati.

Segni di spensieratezza, coperti ormai dalla recente tinteggiatura.

Fosse così facile, far sparire i ricordi…

Un giorno come tanti al Niguarda di Milano. Luca, un giovane neurochirurgo in formazione specialistica, si apprestava ad iniziare il suo turno in reparto. L’aria era densa di tensione e adrenalina, il ritmo frenetico e incalzante. Durante il giro visita mattutino insieme ai suoi colleghi,  in coda all’esimio Prof. Violi, dirigendosi in infermeria a prendere alcune cartelle cliniche,  incrociò lo sguardo di una ragazza seduta su una barella. Rimase folgorato da quegli occhi color smeraldo, sgranati dal terrore e velati di lacrime. Sembravano custodire un segreto indicibile, un dolore inespresso che le lacerava l’anima. Il suo cuore si spezzò al vedere la vulnerabilità disarmante della giovane e sentì un’ondata di tenerezza e di protezione verso di lei.

Si chiamava Elena, Elena Grandi, una giovanissima paziente di 16 anni, ricoverata in attesa di un delicato intervento chirurgico alla testa.

Il Dottor Luca Moretti e Elena Grandi

Sorpreso, si avvicinò a lei con passo leggero, la voce pacata e un sorriso rassicurante che illuminava il suo volto. Era un sorriso che nascondeva un turbine di emozioni: compassione, empatia, un pizzico di timore. Le sue parole, come un balsamo sulle ferite interiori di Elena, riuscirono a calmare un po’ l’ansia che la attanagliava.

“Buongiorno”, disse con gentilezza. “Mi chiamo Luca, e sarò uno dei medici che si occuperà di lei.”

Elena lo guardò con diffidenza, il cuore che batteva all’impazzata nel petto. La malattia che la tormentava la rendeva fragile, vulnerabile, e la figura imponente del dottor Moretti, nonostante il suo sorriso rassicurante, non faceva che accentuare la sua paura.

Luca, con la sua sensibilità innata, colse subito il suo disagio. Si sedette accanto a lei, evitando di sovrastarla, e con voce calma e rassicurante iniziò ad ascoltare le sue paure, le sue incertezze, i suoi sogni infranti dalla malattia.

Elena, inizialmente chiusa in un guscio di dolore e timore, si aprì gradualmente, attratta dalla gentilezza di Luca e dalla sua sincera empatia. In lui vide non solo un professionista capace, ma anche un uomo sensibile e compassionevole, in grado di alleviare le sue paure e di infonderle coraggio.

Luca, a sua volta, rimase profondamente colpito da Elena. La sua forza d’animo, la sua positività e la sua voglia di vivere nonostante la malattia lo ispirarono profondamente. In lei vide il riflesso del coraggio e della speranza che lui stesso aveva perso dopo la morte del padre, un evento doloroso che aveva segnato per sempre la sua vita.

Da quel primo incontro, tra i due nacque un legame profondo e intimo, basato sulla fiducia, sul rispetto e sull’affetto reciproco. Trascorrevano lunghe ore insieme, parlando del futuro, dei sogni di Elena e della sua passione per la musica. Luca le raccontava storie divertenti del suo passato da studente di medicina, cercando di alleggerire la tensione e di infonderle coraggio.

Elena divenne la sua roccia, la sua fonte di speranza e di forza. Insieme, affrontavano la dura realtà della malattia, combattendo ogni giorno per un futuro migliore. Il loro legame era un’oasi di serenità in mezzo al dolore, un’intesa profonda e speciale che li univa indissolubilmente.

Luca sapeva che l’intervento di Elena era rischioso, un’operazione delicata che poteva cambiare per sempre il suo destino. Ma era determinato a fare tutto il possibile per salvarla, per proteggere la sua luce fragile e preziosa.

“Mai affezionarsi ai pazienti” glielo ripeteva sempre sua madre, “devi difenderti da te stesso, altrimenti non riuscirai mai ad essere un buon medico come tuo padre!”

L’empatia che li univa era palpabile. Si capivano al volo, senza bisogno di parole. Bastava uno sguardo, un sorriso, un gesto di complicità per esprimere i loro sentimenti.

Il loro legame si rafforzò ancora di più durante il periodo pre-operatorio.

“Luca, tu mi salverai!”

Era una ragazza di appena 16 anni, piena di vita e di sogni, che si apprestava ad affrontare un intervento chirurgico delicato alla testa per rimuovere un tumore benigno. Il giovane Neurochirurgo aveva ripassato per notti intere l’intervento di Elena : una craniotomia.

Era complessa e rischiosa, ma necessaria per scongiurare la crescita del tumore e prevenire danni neurologici permanenti. 

In fondo il primo operatore sarebbe stato il Prof. Violi in persona.

Chi avrebbe potuto fare di meglio?

“Luca, tu mi salverai!”

[…continua…]

Se vi è piaciuta la storia fino a qui e volete sapere come va a finire, non perdetevi il prossimo episodio! Seguiteci su www.medmalinsurance.it per scoprire il resto della vicenda e per restare aggiornati su tutte le nostre storie di vita in corsia. Non lasciatevi sfuggire neanche un dettaglio: la vostra curiosità sarà premiata!

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Con questo articolo si conclude “Plan for the Future” che racchiude tutto quello che riguarda la previdenza obbligatoria per i medici. Ci piaceva concludere questo argomento con dei temi poco trattati dai blog di settore al fine di aiutare i nostri lettori con dei trucchi e dei consigli da attuare qualora  si dovesse rientrare nella casistica sottoelencata e sottolineare, ancora una volta, l’importanza di abbinare alla tutela obbligatoria delle forme di assicurazione privata, soprattutto, in questo caso, Infortuni e Previdenza complementare.

CUMULO GRATUITO

Dal 1° gennaio 2017, grazie alla Legge 232/2016, chi è iscritto a più di un regime previdenziale obbligatorio ha la possibilità di cumulare gratuitamente i periodi assicurativi non coincidenti. Questo è valido per i lavoratori dipendenti, autonomi, iscritti alla Gestione separata e alle forme sostitutive ed esclusive dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO), incluse le Casse professionali per gli iscritti agli albi. Questa opportunità permette di ottenere un’unica pensione, purché non si sia già titolari di un trattamento pensionistico presso una delle gestioni interessate.

I tipi di pensione che possono essere ottenuti attraverso il cumulo gratuito sono diversi. Innanzitutto, c’è la pensione di vecchiaia, che può essere richiesta al raggiungimento dei requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla legge. Inoltre, si può optare per la pensione anticipata, che richiede specifici requisiti contributivi: 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne fino al 31 dicembre 2026, con adeguamenti previsti per gli anni successivi. Per ottenere questo tipo di pensione, è necessario attendere tre mesi dalla maturazione del requisito contributivo, secondo il meccanismo della finestra mobile.

Altre pensioni accessibili tramite il cumulo gratuito sono quelle di inabilità e le pensioni ai superstiti. Quest’ultima è disponibile per i familiari di un assicurato deceduto prima di aver acquisito il diritto alla pensione presso una delle gestioni coinvolte.

Il calcolo della pensione ottenuta con il cumulo segue il criterio del pro-quota, cioè ogni gestione calcola la propria parte di pensione secondo le proprie regole. Questo è diverso dal sistema contributivo generalizzato utilizzato nella totalizzazione. A differenza della totalizzazione, che prevede una decorrenza differita di 18 mesi per la pensione di vecchiaia e 21 mesi per la pensione anticipata, la pensione ottenuta tramite il cumulo decorre dal primo giorno del mese successivo alla domanda.

Secondo la Circolare n.140/2017 dell’INPS, la pensione di vecchiaia in cumulo sarà erogata in “formazione progressiva”, con singole quote decorrenti alla maturazione dei requisiti anagrafici, contributivi e di status previsti dalle singole gestioni coinvolte nel cumulo.

Per quanto riguarda la pensione di inabilità, la sua decorrenza è determinata dai criteri vigenti nella gestione in cui il lavoratore è iscritto al momento del verificarsi dello stato di inabilità. La pensione ai superstiti, invece, decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso dell’assicurato e i trattamenti liquidati in base alle disposizioni sul cumulo devono avere decorrenza successiva al 1° febbraio 2013 (o successiva al 1° febbraio 2017 per i contributi versati presso una Cassa professionale).

WELFARE

In ambito welfare, le indennità di maternità sono garantite in caso di nascita di un figlio, adozione o affidamento, a patto che l’iscrizione all’Albo sia ancora in corso. L’assegno copre i due mesi precedenti la data presunta del parto e i tre mesi successivi alla nascita del bambino. È importante sottolineare che l’indennità spetta anche se non si interrompe l’attività lavorativa. L’importo minimo garantito per il 2024 è di 5.569,72 euro, con un ulteriore assegno di circa mille euro per le dottoresse con redditi inferiori a circa 18mila euro. Per le professioniste con redditi superiori, l’indennità sarà pari all’80% di 5/12 del salario minimo giornaliero e non può superare le cinque volte l’importo minimo determinato. In caso di morte o grave infermità della madre, abbandono del figlio da parte della madre, o affidamento esclusivo del figlio al padre, l’indennità spetta al padre.

Per le professioniste che affrontano una gravidanza a rischio, è prevista una copertura specifica per un massimo di sei mesi senza limiti di reddito, mentre il periodo rimanente rientra nell’assegno di maternità. L’importo di questa indennità viene stabilito annualmente dal Consiglio di Amministrazione dell’Ente.

In caso di aborto spontaneo o terapeutico verificatosi non prima del terzo mese di gravidanza, l’indennità di aborto viene erogata per una mensilità e corrisponde all’80% di una mensilità del reddito professionale percepito e dichiarato ai fini fiscali e imponibile presso l’ENPAM nel secondo anno precedente all’evento. Se l’aborto avviene dopo il sesto mese, l’iscritta ha diritto all’intera indennità prevista per la maternità, l’adozione e l’affidamento. Questa indennità non è corrisposta se esiste un analogo diritto presso altre gestioni previdenziali obbligatorie o se l’iscritta ha diritto a percepire trattamenti economici per gli stessi eventi tutelati dall’ENPAM. Inoltre, l’indennità non è cumulabile con eventuali trattamenti economici spettanti all’iscritta per altre ragioni.

Le neo mamme possono anche beneficiare di sussidi per le spese di baby-sitter e nido (pubblico e privato accreditato) entro i primi 12 mesi di vita del bambino o dall’ingresso del minore in famiglia. Le modalità, i termini e i limiti per fruire di questi sussidi sono definiti in un bando annuale deliberato dal Consiglio di Amministrazione.

Nel caso in cui ci siano periodi privi di contribuzione a causa di gravidanza (maternità, aborto, gravidanza a rischio) o adozione o affidamento, è possibile colmare questi vuoti con versamenti volontari, garantendo così una continuità ai fini dei requisiti e dell’importo della pensione. Il contributo volontario è calcolato sulla base del reddito professionale dichiarato nel secondo anno precedente alla gravidanza; in assenza di reddito, si prende come riferimento il minimo INPS previsto nello stesso anno. Questo contributo è accreditato sulla “Quota B” ed è utile ai fini del diritto e della misura della pensione.

Le tutele per la maternità sono estese anche agli studenti universitari in medicina e odontoiatria che decidono di iscriversi alla Fondazione ENPAM già a partire dal quinto o sesto anno del corso di laurea. Per questi ultimi è previsto un sussidio di importo pari all’indennità minima stabilita.

Per quanto riguarda la malattia e gli infortuni, agli iscritti attivi e ai pensionati del Fondo della libera professione – “Quota B” del Fondo generale, nonché ai loro superstiti, è garantita una tutela per malattie e infortuni che causino una temporanea e totale inabilità all’esercizio dell’attività professionale, con conseguente sospensione dell’attività stessa, per periodi antecedenti l’età prevista per il pensionamento di vecchiaia. A partire dal 31° giorno di inabilità e per un massimo di 24 mesi (anche non continuativi nell’arco di 48 mesi), è prevista un’indennità giornaliera pari a 167 euro. Sono previste anche prestazioni assistenziali straordinarie nei casi di inabilità e premorienza, con importi non superiori a 4.706,80 euro annui, erogati a favore dei pensionati titolari del trattamento per inabilità assoluta e permanente.

Ricordiamo che non esiste copertura per invalidità.

Il Regolamento dell’assistenza offre ulteriori opportunità, come le provvidenze a sostegno della genitorialità, borse di studio per i figli, contributi per asili nido e il primo anno di scuola materna. Sono previsti anche contributi fino al 75% della spesa per oneri di ospitalità in case di riposo o istituti di ricovero per anziani, malati cronici o lungodegenti. Il contributo giornaliero per la presenza effettiva presso le case di riposo è di 65,12 euro, con un limite reddituale complessivo che non deve superare tre volte il minimo INPS.

È disponibile anche l’assistenza domiciliare, con un importo pari a 651,32 euro mensili. In caso di calamità naturali che abbiano causato danni agli immobili adibiti a prima abitazione o studio professionale, l’ENPAM offre un contributo una tantum fino a 19.539,94 euro o un concorso nel pagamento degli oneri per interessi su mutui per l’acquisto, la ricostruzione o la riparazione della casa o dello studio, fino al 75% degli oneri stessi, con un limite di 10.421,29 euro e per un periodo non superiore a cinque anni. Inoltre, è previsto un rimborso delle spese funerarie fino a 4.000 euro.

È importante sottolineare che per ottenere queste prestazioni, il reddito complessivo di qualsiasi natura del nucleo familiare, riferito all’anno precedente, non deve essere superiore a sei volte l’importo del trattamento minimo INPS dell’anno precedente, aumentato di un sesto per ogni componente del nucleo familiare, escluso il richiedente.

Come premesso all’inizio di questo articolo è importantissimo aderire a un fondo pensione individuale attraverso il proprio intermediario di fiducia, una scelta saggia per garantire un futuro sereno e sicuro. La previdenza complementare come una polizza Infortuni H24 ed una forma di sanità integrativa per se stessi e per il proprio nucleo familiare sono scelte ragionate e lungimiranti che offrono una rete di sicurezza aggiuntiva, essenziale per affrontare con tranquillità le sfide della vita.

I medici specialisti esterni che hanno un rapporto convenzionale con gli istituti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sono iscritti al Fondo Speciale. Questo fondo, attivo da gennaio 2021, prevede diverse modalità di contribuzione e trattamenti pensionistici. Ecco una panoramica dettagliata di quanto è previsto per questi professionisti.

Contributi obbligatori: quanto costa la pensione

La contribuzione al Fondo Speciale varia a seconda dell’attività svolta. I medici specialisti devono versare il 26% dei compensi lordi ricevuti per visite o prestazioni ambulatoriali. Per alcune branche specifiche come fisiokinesiterapia, medicina nucleare e radiologia, la contribuzione scende al 16%. Inoltre, è stata introdotta un’aliquota modulare su base volontaria che permette ai professionisti di aumentare la quota contributiva da 1 a 5 punti percentuali oltre quella stabilita a carico dell’azienda.

Trattamenti pensionistici disponibili

  1. Pensione ordinaria di vecchiaia

    I medici specialisti possono accedere alla pensione di vecchiaia al compimento dei 68 anni, sia per uomini che per donne, età raggiunta nel 2018. Per ottenere la pensione, è necessario cessare ogni attività convenzionata con il SSN. Qualora l’attività cessasse prima del raggiungimento dell’età pensionabile, è richiesto almeno 15 anni di anzianità contributiva.

    Anno Età
    2012 65 anni
    2013 65 anni e 6 mesi
    2014 66 anni
    2015 66 anni e 6 mesi
    2016 67 anni
    2017 67 anni e 6 mesi
    Dal 2018 68 anni
  2. Pensione anticipata

    È possibile ottenere la pensione anticipata a partire dai 62 anni con almeno 35 anni di contributi e 30 anni di anzianità di laurea. In alternativa, la pensione può essere concessa con 42 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età. Le pensioni anticipate sono soggette a una riduzione calcolata in base all’età al momento del pensionamento.

    Anno Età
    2012 58 anni
    2013 59 anni e 6 mesi
    2014 60 anni
    2015 60 anni e 6 mesi
    2016 61 anni
    2017 61 anni e 6 mesi
    Dal 2018 62 anni
  3. Pensione di inabilità

    Questa pensione è riservata ai medici che diventano permanentemente e totalmente inabili alla professione a causa di infortunio o malattia prima della cessazione del rapporto professionale. In questi casi, si tiene conto degli anni mancanti al raggiungimento dell’età pensionabile, fino a un massimo di 10 anni. L’importo minimo della pensione di inabilità è di circa 15.000 euro annui, salvo che l’iscritto riceva altre pensioni che superino questa soglia.

  4. Pensione ai superstiti

    In caso di decesso del medico pensionato, i superstiti hanno diritto alla pensione di reversibilità. Se il decesso avviene mentre l’assicurato è ancora in attività, spetta la pensione indiretta. I beneficiari includono il coniuge, i figli e, in mancanza di questi, i genitori o i fratelli inabili a carico del defunto. L’importo della pensione varia a seconda del numero di superstiti.

Misura della pensione

La misura della pensione per i medici specialisti iscritti al Fondo Speciale varia in base alla data di inizio dei contributi e all’anzianità contributiva maturata.

Per i medici che hanno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2012, la pensione viene calcolata ricostruendo il reddito medio annuo per ciascun anno di contribuzione. Questo reddito si ottiene attraverso i contributi versati e le aliquote contributive corrispondenti. Il reddito annuo è rivalutato del 100% dell’indice ISTAT fino a 38.734,2 euro, mentre l’importo eccedente questa soglia è rivalutato al 75%. La base pensionabile si determina dividendo la somma dei redditi per il numero degli anni di contribuzione effettiva, a cui vengono applicate le aliquote di rendimento relative a ciascun anno di contribuzione.

Per i medici che iniziano a contribuire dal 1 gennaio 2013 e per gli iscritti ex art. 1, co. 39, L.243/2004, la pensione viene calcolata secondo il sistema contributivo. Questo sistema prevede la moltiplicazione del montante contributivo individuale per il coefficiente di trasformazione relativo all’età dell’iscritto al momento della decorrenza della pensione.

Per i medici con anzianità contributiva antecedente al 31 dicembre 2012, la pensione si determina sommando due quote, A e B. La quota A è rivalutata al 75% dell’indice ISTAT fino a quattro volte il trattamento minimo INPS e al 50% per l’importo eccedente tale limite, dall’anno 2013 fino all’anno precedente la decorrenza della pensione. Se l’iscritto cessa l’attività professionale oltre l’età prevista per la pensione di vecchiaia, l’aliquota di rendimento per gli anni successivi è maggiorata del 20%, fino al massimo del 70esimo anno di età.

La pensione maturata sulla base dei contributi versati dal 1 gennaio 2013 segue il sistema contributivo adottato dall’INPS, con coefficienti di conversione che variano in funzione dell’età. Per esempio, il coefficiente per l’età di 57 anni viene utilizzato anche per le pensioni maturate prima di questa età. Inoltre, è possibile convertire in capitale una quota della pensione, fino a un massimo del 15%, ma solo se l’iscritto possiede altre pensioni che totalizzano almeno il doppio del trattamento minimo INPS. I coefficienti di conversione variano con l’età, da 16,205 (per 55 anni) a 10,076 (per 70 anni).

Coefficienti di conversione del montante contributivo 2023

Età pensione % da applicare al montante contributivo Età pensione  % da applicare al montante contributivo
57 4.270 69 6.154
58 4.378 70 6.395
59 4.493 71 6.655
60 4.615 72 6.942
61 4.744 73 7.253
62 4.822 74 7.595
63 5.028 75 7.970
64 5.184 76 8.382
65 5.352 77 8.831
66 5.531 78 9.326
67 5.723 79 9.866
68 5.931 80 10.464

Divisori e coefficienti di conversione del montante contributivo validi dall’1 gennaio 2023

Età pensione Divisore % da applicare al montante contributivo
57 23.419 4.270
58 22.839 4.378
59 22.256 4.493
60 21.669 4.615
61 21.079 4.744
62 20.485 4.822
63 19.888 5.028
64 19.289 5.184
65 18.686 5.352
66 18.079 5.531
67 17.472 5.723
68 16.861 5.931
69 16.251 6.154
70 15.637 6.395
71 15.025 6.655

Importanza della pianificazione previdenziale

Aderire a un fondo pensione è cruciale per garantire un futuro sereno. È essenziale affidarsi a un intermediario di fiducia per scegliere il piano più adatto alle proprie esigenze. Pianificare la propria pensione con attenzione può fare la differenza tra un ritiro professionale tranquillo e uno pieno di incertezze.

Se sei uno specialista ambulatoriale con un rapporto professionale con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), questo articolo è fondamentale per te. Ti illustreremo in modo chiaro e dettagliato tutto ciò che devi sapere sul Fondo Speciale per gli Specialisti Ambulatoriali, dai contributi obbligatori ai trattamenti pensionistici disponibili.

Contributi Obbligatori: Quanto Costa la Pensione?

Per gli specialisti ambulatoriali, il contributo obbligatorio è pari al 31% dei compensi lordi. I medici di Medicina dei Servizi contribuiscono invece con il 30% dei loro compensi lordi. Dal 1° gennaio 2007, per i professionisti che sono passati a un rapporto d’impiego mantenendo la loro posizione assicurativa presso l’ENPAM, l’aliquota è salita al 32,65%, con un ulteriore aumento dell’1% nel 2023 per la quota imponibile che supera i 52.190 euro.

I Trattamenti Pensionistici Disponibili

Pensione di Vecchiaia

La pensione di vecchiaia è accessibile a partire dai 68 anni, sia per uomini che per donne, requisito raggiunto nel 2018. Per ottenere questo trattamento, è necessario cessare qualsiasi attività convenzionata con il SSN e aver accumulato almeno 15 anni di anzianità contributiva.

Anno Eta
2012 65 anni
2013 65 anni e 6 mesi
2014 66 anni
2015 66 anni e 6 mesi
2016 67 anni
2017 67 anni e 6 mesi
Dal 2018 68 anni
Pensione Anticipata

È possibile richiedere una pensione anticipata a partire dai 62 anni, con almeno 35 anni di anzianità contributiva e 30 anni di anzianità di laurea. In alternativa, indipendentemente dall’età, si può ottenere con 42 anni di contributi. Questa pensione prevede un coefficiente di riduzione variabile, che diminuisce con l’aumentare dell’età al momento del pensionamento.

Anno Età
2012 58 anni
2013 59 anni e 6 mesi
2014 60 anni
2015 60 anni e 6 mesi
2016 61 anni
2017 61 anni e 6 mesi
Dal 2018 62 anni
Pensione di Inabilità

Questo trattamento spetta in caso di inabilità permanente e assoluta alla professione, causata da infortunio o malattia prima della cessazione del rapporto professionale e prima dei 68 anni. L’importo minimo garantito è di circa 15.000 euro annui, con eventuali integrazioni se il beneficiario percepisce altre pensioni inferiori a questa soglia.

Pensione di Invalidità

Non sono previste pensioni per invalidità permanenti parziali, ma è possibile ricevere un’indennità determinata dall’ENPAM.

Pensione ai Superstiti

In caso di decesso, i beneficiari possono essere il coniuge, i figli e, in assenza di questi, i genitori o i fratelli e sorelle a carico. Le quote di pensione per i superstiti variano in base alla composizione familiare, arrivando fino al 100% per tre o più figli senza coniuge.

Criteri di Calcolo della Pensione

Per chi ha maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2012, la pensione si calcola in base al compenso medio degli ultimi 60 mesi di contribuzione, rivalutato al 100% dell’indice ISTAT. Per chi ha iniziato a contribuire dal 1° gennaio 2013, la pensione segue le modalità della Medicina Generale. Per gli iscritti con anzianità contributiva precedente al 31 dicembre 2012, la pensione si determina sommando le quote A e B, con aliquote di rendimento del 2,10% per ogni anno di contribuzione.

Conversione in Capitale

È possibile richiedere la conversione in capitale di una parte della pensione, fino al 15%, se si possiedono altre pensioni per un importo complessivo di almeno due volte il minimo INPS.

Aderire a un fondo pensione individuale è essenziale per garantire una sicurezza finanziaria a lungo termine. Consulta il tuo intermediario di fiducia per sfruttare al meglio i vantaggi offerti dal Fondo Speciale per gli Specialisti Ambulatoriali e assicurarti un futuro sereno.

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