In un tranquillo quartiere di Napoli, viveva una giovane donna di nome Sara. Alta 1,72 metri e con un peso di 60 chili, Sara era in perfetta salute. Un giorno, però, decise di seguire un trattamento dimagrante raccomandato dal farmacista di fiducia del quartiere. La promessa era allettante: una perdita di peso rapida e sicura, senza dover affrontare diete drastiche o faticosi esercizi fisici.

Il farmacista, con fare sicuro e rassicurante, le prescrisse delle pasticche prodotte e confezionate da lui stesso. Sara, fidandosi ciecamente, iniziò a seguire il trattamento senza sospettare minimamente che stava per entrare in un incubo.

Le pillole contenevano sostanze off-label: efedrina, comunemente usata per curare l’asma, e naxeltrone, un antagonista degli oppiacei. L’efedrina avrebbe dovuto aumentare il metabolismo di Sara, mentre il naxeltrone, noto per ridurre la sensazione di piacere legata al cibo, era anche noto per la sua forte epatotossicità.

Dopo poche settimane dall’inizio del trattamento, la vita di Sara cambiò drasticamente. La sua salute si deteriorò rapidamente, sviluppando sintomi gravi come dissenteria, vomito, paralisi degli arti inferiori, delle mani e della testa, interruzione del ciclo mestruale e perdita dei capelli. Questi sintomi portarono Sara a essere ricoverata prima in una clinica privata e poi trasferita d’urgenza all’Ospedale Cardarelli di Napoli.

Lì, i medici scoprirono un grave squilibrio elettrolitico causato dalle pillole prescritte dal farmacista. Fu solo dopo aver ricevuto la cartella clinica, diversi mesi dopo la comparsa dei sintomi, che Sara e la sua famiglia compresero il nesso di causalità tra i farmaci somministrati e le sue condizioni.

Il caso di Sara arrivò davanti alla Corte di Cassazione, che con la sentenza n. 10658 del 2024, confermò che il farmacista rispondeva del reato di lesioni colpose. La Corte evidenziò che la somministrazione dei farmaci era avvenuta senza un’adeguata valutazione clinica, violando la legge n. 94/1994 e il Codice deontologico.

Questa sentenza ha ribadito due punti cruciali:

  • Il termine per proporre la querela decorre dal momento in cui la vittima viene a conoscenza della possibilità che la patologia sia stata causata da errori diagnostici o terapeutici.
  • La prescrizione inizia dal momento dell’insorgenza della malattia, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità.

La storia di Sara è un potente monito sull’importanza della prudenza e della responsabilità nell’uso dei farmaci. È fondamentale che i professionisti della salute seguano rigorosamente le linee guida cliniche e le normative per garantire la sicurezza dei pazienti.

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*I personaggi e gli eventi descritti in questo articolo sono frutto della fantasia e non corrispondono a persone o situazioni reali. La storia narrata è liberamente ispirata alla sentenza della Corte di Cassazione n. 10658 del 2024. Qualsiasi somiglianza con persone reali, viventi o decedute, è puramente casuale.

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