Quali cambiamenti si sono verificati nel comparto corporate, per enti sanitari pubblici e privati, dopo l’uscita della Legge Gelli-Bianco, nell’ambito assicurativo?
Durante l’anno 2017 il numero di strutture sanitarie pubbliche assicurate con polizze a copertura della responsabilità civile sanitaria è diminuito: le recenti statistiche Ivass, pubblicate, rivelano che più del 50% delle strutture, assicurate nel 2010, nel 2017 risultavano scoperte; non solo, i premi raccolti nell’ultimo anno sono in calo del 2,4% rispetto al 2016.
Questi dati delineano come l’entrata della Legge Gelli abbia avuto un effetto contrario rispetto a quello che, molto probabilmente, si era prefigurato il legislatore. La norma di fatto non rende obbligatoria completamente la stipula di una polizza di Responsabilità Civile anzi lascia aperto il canale delle analoghe misure (la così detta autoassicurazione). Così, in assenza di organi di controllo o regimi sanzionatori, la facoltà di assicurarsi con apposito contratto resta nel limbo (questo discorso, ovviamente, dovrebbe valere solo per le strutture, pubbliche o private che siano).
Si spera che i regolamenti attuativi, in fase di approvazione dalla Conferenza Stato- Regioni (l’ultima adunanza rinviata a data da destinarsi fu fatta sotto il primo Lockdown) possano aiutare a invertire questo trend ma quello che appare è che, soprattutto nel pubblico, stia prendendo piede la cosiddetta auto-ritenzione, ovvero sviluppare delle vere e proprie gestioni del rischio per ogni singola Regione o A.S.L. con un sostanziale ricarico della spesa risarcitoria a carico del bilancio sanitario del singolo ente (ndr: ma la Legge non serviva proprio a decomprimere la pressione delle voci di spesa dei bilanci?). Una funzione, quella dell’auto-ritenzione, cui le Regioni stesse non sarebbero adeguatamente preparate nemmeno attraverso regolamenti disciplinati dalla normativa vigente, finendo per porre a carico di tutti gli eventuali risarcimenti dovuti a errori di pochi.
Sta’ di fatto che uno degli obbiettivi della norma era di alleggerire la conflittualità legata agli esiti dei trattamenti operatori e curativi in ospedale per il tramite sia dell’introduzione dell’assicurazione sia della mediazione: partendo da questo assoluto, però, si conferma, nuovamente, una ritirata delle compagnie di assicurazione alle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche, nell’ambito della medical malpractice, dovuto anche, ma non solo, all’effetto Pandemia.
Il mercato assicurativo sulla medmal è concentrato in un pugno di compagnie; pochi premi, molte controversie. Tutto questo impatta sia sulla sostenibilità economica della spesa sanitaria sia sull’effettiva tutela del diritto alla salute sancito dall’art. 32 del Costituzione Italiana.
Un enorme sbilanciamento tra il liquidato per il risarcimento del danno da parte delle strutture pubbliche e quelle private. Tale dato avvalora ancor di più la scelta dell’auto-ritenzione in ambito pubblico, in considerazione anche dell’allontanamento delle compagnie di assicurazione: gli Enti pubblici (Regioni, ASL, Nosocomi) costituiscono dei fondi di riserva, specificatamente destinati a risarcire i pazienti che hanno subito dei danni a seguito di errori sanitari, alimentati da accantonamenti annuali.
Auspichiamo che le istituzioni, facciano al più presto un vero atto di responsabilità, dando un giro di vite alla approvazione delle bozze ,già scritte ed esaminate da chi di dovere, dei decreti attuativi, al fine di fare il prima possibile chiarezza su quanto rimasto di dubbio su questa materia e tanti altri temi che a tutt’oggi impediscono alla norma di agire proprio a favore di quel diritto alla salute che, ormai da tempo, sembra essere stato abbandonato.